Economia

Gli studiosi di economia spiegano, attraverso
le leggi della domanda e dell’offerta,
come si stabilisce quanto deve costare un prodotto.
E anche perché al mercato
non conviene sconfiggere la disoccupazione.

A che cosa serve la scienza economica? L’economia è una scienza umana
(quindi non esatta) che tenta di trovare risposte a domande come queste:
perché c’è la disoccupazione? Come si producono le merci?
Perché in certi Paesi il reddito cresce e in altri invece no?
Perché le patate oggi costano più (o meno) di ieri?

Per rispondere, la scienza economica studia le relazioni fra varie grandezze che possono essere misurate a livello empirico.
Ad esempio: osserviamo che il prezzo delle patate scende se la produzione aumenta. Quindi possiamo dire che il prezzo delle patate varia in funzione dell’offerta. Sulla base d’ulteriori osservazioni possiamo verificare che se l’offerta è di 100 kg, il prezzo si assesta intorno alle 1.000 lire al kg; se l’offerta sale a 150 kg il prezzo scende a 800 lire e così via. A questo punto la scienza economica traduce in una formula matematica il rapporto fra costo delle patate e quantità messa in vendita.

Per sfortuna, tuttavia, i dati economici sono determinati in funzione di una molteplicità di fattori. Se sul mercato venissero offerti 100 mila kg di patate, probabilmente la maggior parte resterebbe invenduta perché la gente non saprebbe che farsene. Se ne fosse offerto solo mezzo kg resterebbe parimenti invenduto perché avrebbe un prezzo da gioielleria, e l’acquirente preferirebbe ripiegare su un ortaggio alternativo.

Del resto, se il prezzo fosse troppo basso e quindi non remunerativo, il contadino smetterebbe di coltivare patate per dedicarsi a qualcosa di più conveniente. Che significa tutto ciò? Significa che il prezzo delle patate è sì in funzione della quantità offerta, ma anche d’altri fattori come la domanda di patate da parte dei consumatori, la loro capacità di spesa o i costi di produzione che si sobbarca il contadino. Studiare tali funzioni, e il modo in cui entrano in relazione, è appunto il compito della scienza economica.

QUANTO COSTA UN PRODOTTO
Per capirne i fondamenti ipotizziamo di entrare in un grande mercato.
Osserveremo che vi si vendono prodotti raggruppabili in due categorie: i beni (cioè prodotti tangibili, come una patata o un’automobile) e i servizi (prodotti immateriali: nel nostro mercato c’è anche lo stand di un commercialista che offre consulenza fiscale).
La seconda osservazione è che tutti questi prodotti hanno un prezzo.
La terza è che questi prezzi sono diversi fra loro, e sono variabili.
Ma perché oggi la patata costa meno di ieri (ma più della cipolla)?
La risposta sta nel sistema dei prezzi.

PATATE E CIPOLLE IN GUERRA
Come abbiamo visto i fattori decisivi che concorrono alla formazione del sistema dei prezzi sono la domanda, cioè la richiesta di un determinato bene da parte dei consumatori, e l’offerta, la quantità di quel bene che il produttore immette sul mercato.
Supponiamo allora che la domanda di patate diminuisca e cresca quella di cipolle. In una prima fase si determinerà un eccesso di offerta di patate e una scarsità di cipolle. La conseguenza sarà una caduta del prezzo delle prime (che i produttori subiranno per evitare che restino invendute) e un rincaro delle seconde.
Ma subito dopo i produttori tenderanno a ridurre le coltivazioni meno redditizie (le patate) e a incrementare quelle che rendono di più (le cipolle). A questo punto cominceranno a scarseggiare le prime e ad aumentare le seconde: così l’altalena del prezzo continua, le patate diventeranno più care e le cipolle meno care.

Ma a questo punto i produttori troveranno più vantaggioso fare - parzialmente - marcia indietro: ricominceranno a produrre più patate e un po’ meno cipolle, in sostanza: ogni eccesso di domanda o di offerta tende sempre ad annullarsi e il prezzo di mercato si forma nel punto d’equilibrio, o d’incontro, di questi due fattori.

LE QUATTRO LEGGI - BASE
Domanda e offerta. in definitiva, possono essere indicate da due curve. Variabili ma che si muovono secondo quelle che gli economisti chiamano le quattro leggi della domanda e dell’offerta. Queste leggi dicono che:

1) Se la domanda di un bene cresce aumenteranno sia il prezzo di mercato sia le quantità vendute.
2) Se la domanda di quel bene cala accadrà l’esatto contrario.
3) Se cresce l’offerta del bene, il prezzo diminuirà ma aumenterà la quantità venduta.
4) Se l’offerta diminuisce, avverrà l’inverso.

MARGARINA COME CALMIERE
Come abbiamo visto, domanda e offerta condizionano il prezzo di mercato. Ma che cosa determina. in effetti, la variabilità di questi due fattori? Diversi elementi, tra i quali la disponibilità di denaro da parte dei consumatori, il prezzo di mercato di altri in prodotti e anche i gusti del momento.

Esempio: la domanda di un bene come la benzina è sicuramente determinata dal prezzo. Ma non solo: il consumo di benzina dipende anche dal numero delle auto in circolazione, da elementi come la condizione delle strade o l’efficienza dei mezzi pubblici.
Anche l’offerta di un determinato bene non è rigida, cambia in relazione al prezzo (più è alto, più sarà vantaggioso produrlo e quindi maggiore sarà la quantità offerta). L’offerta cambia anche in relazione al prezzo di altri beni, detti succedanei (cioè che possono sostituire il bene in questione).
Uno di questi è la margarina: nessuno produrrebbe margarina se il burro costasse meno. Ma non è così. e quindi più il prezzo del burro si avvicina a quello della margarina. più la domanda di quest’ultima è elastica. cioè diminuisce se ne aumenta il prezzo (i consumatori cominceranno a sostituirla col burro). Altri fattori che determinano l’offerta sono l’andamento dei costi di produzione e quello del progresso economico.

SE IL CAVIALE E’ TROPPO
Un altro fattore invece che influenza l’elasticità della domanda (anche se non in modo automatico) è il reddito a disposizione dell'acquirente. Se. per esempio. ci piace il caviale, i nostri acquisti cresceranno in base al reddito disponibile.
Ma oltre a un certo livello, ad esempio mezzo chilo al giorno, non ne acquisteremo più anche se il nostro reddito continuerà ad aumentare. La curva della domanda, insomma, è elastica, ma solo in determinati punti: oltre certe soglie la domanda diventa rigida (qualsiasi sia il prezzo, la quantità richiesta non cambia).

IL PARADOSSO DELL’ACQUA
La domanda di un bene dipende anche dalla sua utilità. Se si dovesse scegliere tra rinunciare all’acqua o alla tv, non ci sarebbe scelta. Senza acqua si muore, senza tv, al massimo. ci si annoia. Possiamo dire che l’utilità totale dell’acqua è superiore rispetto a quella della tv.
La domanda di beni da parte dei consumatori però non dipende - tranne eccezioni - dall’utilità totale dei prodotti, ma dalla loro utilità marginale.

I primi economisti pensavano in termini di utilità assoluta. Il prezzo di un bene doveva essere proporzionale all’utilità totale del bene stesso.
Ragionando così si trovavano di fronte a un paradosso: perché l’acqua che è indispensabile per vivere, ha un prezzo così basso rispetto ai diamanti (allora non c’era la tv), che non servono a nulla?
Per spiegare il concetto di utilità marginale pensiamo a un fumatore che consuma 20 sigarette al giorno. Il primo pacchetto di sigarette avrà per lui un’utilità assoluta. Ma l’utilità (marginale) del secondo sarà minore. E quella del terzo pressoché nulla.

UTILE COME UN DIAMANTE
Tornando all’acqua e ai diamanti: l’utilità totale della prima è indiscutibile, ma oltre una certa soglia di consumo la sua utilità marginale precipita. Al contrario, l’utilità totale dei diamanti è bassa, ma quella marginale li rende appetibili quando il consumatore ha già esaudito i bisogni fondamentali. E poiché l’offerta di beni di lusso è scarsa, il loro prezzo si mantiene alto.

Il successo sul mercato di un bene dipende anche dal costo dei fattori produttivi, che possono essere raggruppati in tre categorie: materie prime, lavoro e capitale.
Ognuno ha dei costi: la differenza fra la loro somma e quella dei ricavi rappresenta il profitto, che ogni azienda tende a massimizzare. Di conseguenza tenderà a ridurre i primi o a incrementare i secondi, o a fare entrambe le cose.

A questo proposito: per quanto riguarda i costi, uno strumento di riduzione è l’innovazione tecnologica. Ma non è affatto detto che la maggiore efficienza tecnica si traduca automaticamente in efficienza economica.
Ad esempio: il processo produttivo A comporta forti sprechi dì materia prima, ma manodopera poco qualificata. Viceversa quello B è molto più efficiente, ma utilizza personale altamente specializzato.
Se il costo della materia prima è basso e quello del personale specializzato alto, il processo economicamente più efficiente sarà quello tecnologicamente più arretrato.
Per quanto riguarda i ricavi invece, non sempre l’aumento delle vendite è un vantaggio. Ad esempio: un’azienda offre sul mercato 1.000 pezzi del prodotto A che vengono assorbiti dal mercato (cioè venduti tutti quanti) al prezzo di 100 lire l’uno.
Se l’offerta aumenta, come abbiamo visto, il prezzo scenderà: supponiamo allora che 1.100 pezzi vengano assorbiti al prezzo unitario di 90 lire. Nel primo caso il ricavo totale sarà 100 mila lire, nel secondo 99 mila.

TANTO LAVORO
Che relazione c’è fra occupazione e inflazione? Come abbiamo visto il lavoro è uno dei tre fattori della produzione di beni. Il suo costo è quindi determinato, come quello di qualsiasi prodotto dalle leggi della domanda e dell’offerta.
Dunque tenderà a scendere se la domanda (delle imprese) è scarsa e l’offerta (dei lavoratori) è alta. E viceversa.

Se la disoccupazione scende a zero, l’offerta di lavoro sarà sempre più scarsa. E se la domanda resta alta, i salari saliranno. Il maggiore costo del lavoro graverà su quello complessivo dei prodotti.
Il prezzo dei beni, quindi. crescerà, causando quella che definiamo inflazione. Così secondo l’economia classica (nella pratica. il rapporto fra occupazione e inflazione non è così meccanico).

Infine, attenzione: le leggi della domanda e dell’offerta valgono a due condizioni: che il mercato sia libero e che vi sia una vera concorrenza fra produttori. Se il mercato è dominato da un monopolio (unico produttore) o un oligopolio (un cartello fra pochi produttori) allora anche le leggi della domanda e dell’offerta vengono distorte. Non è sempre un bene o un male. Ma di sicuro è un’altra storia.

 


Il segreto del benessere nazionale? Far muovere il più possibile il denaro,
cioè favorire esportazioni e investimenti ma ridurre tasse e importazioni

Ci siamo occupati finora di mercati, di domanda e offerta. Questa è ciò che gli addetti ai lavori definiscono microeconomia. Il termine serve per marcare la differenza con la cosiddetta macroeconomia.

La macroeconomia si occupa anch’essa di prezzi, costi, domanda e offerta. Però non guarda a quel che avviene in un singolo mercato, ma nell’insieme dei mercati di una nazione (ad esempio. l’andamento generale dell’occupazione, il costo del denaro, il livello medio dei prezzi e della produzione e così via).
Più esattamente, possiamo dire che ha macroeconomia studia il flusso del reddito. E che la teoria su cui si basa è il modello circolare del flusso del reddito. Vediamo di cosa si tratta.

LA MONETA
Quando un consumatore acquista un bene o un servizio, paga con una determinata quantità di moneta. Il venditore incassa così un reddito. A sua volta però. lo spenderà per comprare altri beni o servizi. E così via. Fra consumatori e produttori si crea dunque un flusso circolare del reddito.
Le imprese incassano redditi vendendo le merci, ma ridistribuiscono il ricavato sotto forma di stipendi ai dipendenti o dividendi agli azionisti, che li utilizzeranno per comprare merci da aziende che così incasseranno profitti ecc...
In pratica. il denaro dalle imprese va ai consumatori in cambio di servizi (il lavoro), e ritorna alle imprese in cambio di beni (le merci).

PIU MANI, PIU REDDITO
Ipotizziamo ora un Paese con tre soggetti economici: una famiglia di artigiani, una di contadini, una di muratori. E supponiamo che la moneta di questa nazione sia una banconota da 10 mila lire.
Gli artigiani la spenderanno per comprare cibo dai contadini: questi useranno quel reddito per far costruire una stalla dai muratori, che compreranno attrezzi da lavoro dagli artigiani. Alla chiusura del cerchio. supponiamo dopo sei mesi, ogni soggetto avrà avuto un reddito pari a 10 mila lire. In totale il reddito della nazione sarà stato dunque di 30 mila lire.

La prima osservazione è che il reddito, cioè la ricchezza della nazione, è superiore alla quantità di moneta esistente (10 mila lire). La seconda, e più rilevante, è che il reddito della nazione dipende dalla velocità con cui circola la moneta.
Un’economia nazionale non ha tre soli soggetti, bensì milioni: tuttavia la sua ricchezza dipende non dalla quantità di moneta, ma dalla frequenza con cui I passa di mano in mano.

CHE ERRORE IL MATERASSO
A questo punto bisogna aggiungere che, nella realtà, quello del reddito non è un circuito chiuso. Registra perdite. ma anche nuovi apporti.
Un classico esempio di perdita, o prelievo dal flusso del reddito, è rappresentato dal risparmio. Se non viene usato per comprare beni, ma viene messo sotto il materasso, si traduce in una riduzione del ciclo, e quindi in una diminuzione del reddito complessivo.

Anche il produttore. l’azienda cioè, può determinare un impoverimento del flusso del reddito, se non investe i suoi ricavi o non li distribuisce agli azionisti preferendo tesaurizzarli. Questi comportamenti. sia da parte delle famiglie. sia delle imprese, possono essere dettati da buoni motivi, come la paura del futuro. Ma si traducono. nell’immediato. in una diminuzione del reddito. Viceversa, un’immissione di denaro, come quella che deriva dal credito offerto dalle banche comporta un aumento del flusso del reddito.

Altri due elementi decisivi per la circolazione del reddito sono l’import-export da un lato, le tasse e la spesa pubblica dall’altro.

L’acquisto di beni importati dall’estero, rappresenta una fuoriuscita secca di moneta dal flusso del reddito. Quindi un impoverimento della nazione. Viceversa, l’esportazione di beni e servizi si traduce in un’immissione di moneta nel flusso.
Questo spiega perché l’equilibrio, o meglio ancora l’attivo, nella bilancia dei pagamenti (rapporto tra importazioni ed esportazioni) ha un peso rilevante sulla ricchezza di un Paese.

UN PALLONCINO PIENO DI BUCHI
Anche le tasse, come il risparmio e le importazioni, rappresentano un prelievo di moneta dal flusso. Quelle sulle imprese riducono gli utili distribuibili, quelle sui consumatori la loro capacità di acquisto. In un caso e nell’altro, il flusso di circolazione del reddito si assottiglia e quello della moneta rallenta, generando minore ricchezza.
Tuttavia, come l’import può essere compensato dall’export. e il risparmio dagli investimenti, così la tassazione trova un contraltare nella spesa pubblica. E grazie a questa che la moneta rientra nel flusso.

Il flusso circolare del reddito si può paragonare a un palloncino, sulla cui superficie si aprono in continuazione falle (i prelievi di ricchezza) e dentro cui qualcuno soffia sempre (le immissioni). Ne consegue che in certi momenti sarà floscio, in altri sul punto di scoppiare. Allo stesso modo, l’economia attraversa periodicamente cicli di grande crescita e di recessione.

Su come si succedono le fluttuazioni. e soprattutto sul modo di prevenire le cadute del ciclo economico vi sono opinioni discordanti. Non deve stupire.
La macroeconomia moderna è nata nel 1936, con John Maynard Keynes, ma oggi, all’inizio del terzo millennio, la globalizzazione dell’economia ha fatto a pezzi l’idea stessa di mercato nazionale del lavoro delle merci e della moneta. Mentre l’esplosione dell’informatica obbliga a ripensare da capo a piedi ogni teoria della produzione.

Per questo la scienza economica ha ancora molto, molto da fare.


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