Acqua corrente

 

 

Noè a tavola diceva alla moglie: non m’importa dove va l’acqua, purché non vada nel vino.

G.K. Chesterton

 

 

Buongiorno, signore. Posso fare qualcosa? Serve aiuto? Altrimenti la prego di allontanarsi.

 

Non mi serve nulla, grazie. Ma perché questa domanda?

 

Vede, signore, io lavoro come guardia per la sicurezza del supermercato ed è mio dovere tenere d’occhio le situazioni e le persone sospette…

 

Mi sta dicendo che io sono una persona sospetta?

 

Mi perdoni, signore, ma è più di un’ora che sta qui, in piedi, davanti alla porta, prendendo appunti. Non è così normale.

 

Per me lo è. Io sono uno studioso: sto analizzando un fenomeno sociologico che affonda le sue radici nella storia dell’umanità.

 

Addirittura? Qui, davanti al supermercato? Mi può spiegare?

 

Volentieri. Ecco, proprio ora. Esce quella donna. Aspetti un attimo. Mi lasci fotografare.

 

Questo poi, no! Non posso permetterlo. Ci sono delle leggi. Non si può fotografare così. E poi, che cosa avrebbe di così speciale quella donna per rientrare nel suo “fenomeno sociologico”?

 

Non capisce? Sta trasportando una confezione di bottiglie d’acqua.

 

Continuo a non capire. È una cosa molto comune. Anche al mio paese le donne portano l’acqua.

 

Ecco una conferma alle mie intuizioni. Mi parli del suo paese. Mi interessa. Potrei scrivere un capitolo nella mia relazione.

 

Sono africano, vengo dal Mali. Ha presente Timbuctu? Ecco, lì vicino.

 

Timbuctu? Ma è magnifico. È il posto lontano per definizione. Una città favolosa. Nel vero senso della parola. Non c’è racconto di mistero ambientato in Africa che non arrivi a Timbuctu.

 

Mi spiace deluderla, ma Timbuctu non è più quella di una volta. Nel tempo che voi chiamate medioevo, Timbuctu era una città importante: ci passavano le carovane.

Quando i mercanti hanno cambiato strada, la città è diventata povera. Infatti io sono qui, a fare la guardia al supermercato. Ma non sono stupido, sa? Io ho studiato. A Timbuctu ci sono ancora le antiche biblioteche.

 

Mi parli ancora. Ha detto che al suo paese le donne portano l’acqua

 

L’ho detto così, per dire. Non è tanto importante.

 

Lo è invece. E molto. Ascolti: al suo paese le donne portano l’acqua, qui da noi le donne portano l’acqua, e ¾ mi creda, perché ho fatto ricerche accurate e documentate ¾ le donne portavano l’acqua durante tutto il medioevo, presso gli antichi romani, presso i greci.

E in tutta l’Asia, l’Africa, l’America del nord e del sud le donne portano e hanno sempre portato l’acqua.

Persino mia nonna, qui a Milano, fino a poco prima dell’ultima guerra, prendeva l’acqua alla pompa, giù in cortile.

 

Non ci avevo mai pensato.

 

Ci pensi ora: per millenni le donne hanno intrapreso viaggi faticosi con la loro anfora in testa, prima vuota e poi piena, per approvvigionare la famiglia di acqua.

Lo sa lei, che è del posto, che una donna africana percorre a piedi ogni giorno 8-10 chilometri per l’acqua? È la Fao che lo dice.

Poi, in poco tempo, il progresso: l’acqua in casa per tutti. Acqua pulita, abbondante, da bere e da usare come si vuole.

È la liberazione da una schiavitù mai denunciata.

 

La libertà è una gran bella cosa.

 

Ma è durata poco. La gente, nel giro di mezzo secolo, non si fida più dell’acqua e la disprezza. Eppure le pubbliche amministrazioni la forniscono comodamente.

E le donne cosa fanno? Tornano al passato. E vanno a prendere l’acqua.

Non più a piedi, ma col fuoristrada. Non più alla fonte, ma al supermercato. Non più con l’anfora, ma con le 6 bottiglie di plastica da 1,5 litri, blindate in un tenacissimo foglio pure di plastica.

È questo il senso della mia ricerca. La conclusione è che l’acqua in casa sia stata solo una parentesi storica di durata trascurabile, conclusasi per motivi soprattutto commerciali e psicologici.

Bere acqua di acquedotto, ma in bottiglia e pagata al prezzo del vino, è diventato uno status symbol.

 

È vero. È molto profondo, ora che ci penso. È anche molto stupido. Non c’è stato alcun progresso.

 

Le donne sono tornate alla schiavitù dell’acqua e non se ne rendono conto. Anzi, la pubblicità delle acque minerali le fa sentire addirittura più libere, visto che possono scegliere tra centinaia di marche diverse.

Ma ora la saluto. Devo proseguire con un’altra ricerca. Ho molto da fare.

Voglio vedere fino a che punto arrivano. Lo sa che ci sono acque di fonte imbottigliate in Piemonte che si vendono nel Lazio e viceversa? e che sono acque sostanzialmente identiche e considerate dagli esperti assolutamente equivalenti se non peggiori di quelle che circolano nei rispettivi acquedotti?

 

 

Tutti i malvagi sono bevitori d’acqua;

 lo dimostra il diluvio.

Louis-Philippe

conte di Ségur

 

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