Rapallo - Basilica dei Santi Gervasio e Protasio
Le origini della Basilica dei Santi
Gervasio e Protasio di Rapallo risalgono alla fine del IV secolo, quando all'interno
delle mura del borgo venne edificata una prima costruzione sacra in seguito
alle missioni inviate in Liguria da Sant'Ambrogio, Vescovo di Milano.
L'importanza della chiesa crebbe durante
la permanenza genovese dei vescovi milanesi (568-643) a seguito
dell'invasione longobarda. Nel corso del Medioevo la giurisdizione della
parrocchia si estendeva su 18 chiese minori, comprese in un territorio che
spaziava da Portofino a San Pietro di Rovereto e, nell'oltremonte, fino a
Cicagna.
L'edificio medievale aveva un'impronta
romanica, l'ingresso volto verso la campagna e si ergeva sulla zona occupata
oggi dalla canonica. Nel 1604, in risposta alle cattive condizioni della
vecchia chiesa e alle prescrizioni del Concilio di Trento, si cominciò una
nuova costruzione nella posizione attuale con l'entrata questa volta orientata
verso il borgo.
Tra il 1749 e il 1757 si
abbatté il campanile precedente addossato alla facciata perché pericolante e sì
innalzò quello attuale. L'altezza prevista di sei piani fu ridotta a 67 m
data l'accentuata inclinazione assunta dalla struttura a causa dell'instabilità
del terreno.
Fra il 1852 e il 1857 fu
portata a termine la facciata neoclassica disegnata da Gio. Battista
Olivieri in concomitanza con importanti lavori di risistemazione interna.
Grazie all'impulso di Mons. Cesare Boccoleri, arciprete dal 1907, l'edificio acquisì
una nuova dimensione monumentale con l'ampliamento progettato dall'architetto
milanese Gaetano Moretti, che innestava sulle preesistenze una monumentale cupola
ed espandeva l'edificio con la creazione di un nuovo corpo absidale molto più
profondo. La Basilica rinnovata venne inaugurata solennemente il 1° luglio 1920.
Il tragico bombardamento aereo del 28
luglio 1944 causò il crollo delle cappelle della navata destra e alcune
vittime, obbligando alla chiusura fino al 29 marzo 1947. Una lapide
posta all'esterno in corrispondenza del punto colpito ricorda il triste evento.
Esterno: Dall'esterno si può
ammirare l'insieme costituito dal campanile pendente e dalla cupola,
quest'ultima ispirata alla tribuna del Bramante per la chiesa di Santa Maria
delle Grazie a Milano e culminante in una scultura della Vergine
modellata sulla celebre Madonnina del Duomo milanese.
Ad arricchire la solenne armonia della
facciata neoclassica contribuiscono i portali in bronzo: quello
centrale è dedicato a Nostra Signora di Montallegro, patrona della città, ed è
stato posto in opera da Arrigo Minerbi nel 1957, mentre le porte laterali
sono state realizzate da Guglielmo Salvini e illustrano i santi titolari
Gervasio e Protasio, Santa Lucia e Santa Rosalia.
Interno: L'ambiente interno è arricchito
dalla luce policroma che entra dalle vetrate della facciata realizzate
da Rolando Monti nel 1960.
La volta della navata centrale si
presenta istoriata da due riquadri in cui il pittore veneziano Agostino
Bottazzi dipinse nel 1854 il Miracolo del Raguseo e la Chiesa
militante e trionfante.
Percorrendo la navata destra, nella
prima cappella è ospitato il battistero con la secentesca vasca di marmo
sormontata dal gruppo con Cristo e il Battista opera dello scultore
rapallese Italo Primi.
Segue poi l'altare del Crocifisso che
accoglie l'immagine in legno di Anton Maria Maragliano donata nel 1810
da Pier Ambrogio Molfino. Ai lati si trovano altre due sculture lignee
raffiguranti San Francesco e Santa Chiara, collocate nel 1961, nonché
due lapidi che ricor-dano Silvio Camogli morto nel
bombardamento del 1944, e don Desmond Chute,
il sacerdote amico di Ezra Pound che finanziò il ripristino dell'altare.
San Giovanni Bosco è effigiato nella
tela di Mattia Traverso posta al centro dell'altare successivo che anticamente
recava un quadro di Giovanni Battista della Piane, detto il Mulinaretto,
raffigurante Santo Stefano.
A Sant'Antonio Maria Gianelli e dedicato
il sacello che segue con la pala dipinta da Nicola Neonato nel 1950
che ne sostituisce una di Paolo Gerolamo Piola con la Madonna del Carmine
andata perduta.
L'altare seicentesco in marmi policromi
proviene dalla distrutta cappella di Santa Rosalia che accoglieva anche la tela
di Domenico Piola raffigurante la santa con i Santi Gervasio e Protasio e
le anime purganti, donata da Gervasio Pescia nel 1679 (ora sopra la
porta della segreteria).
La navata sinistra si apre con la
cappella dedicata a Santa Lucia ornata da una tela databile agli inizi
del XVII secolo attribuita a Gio. Andrea De Ferrari, che raffigura oltre alla
titolare i santi Erasmo, Antonio Abate, Giovanni Evangelista e Caterina
d'Alessandria. Qui è collocato il gruppo particolarmente venerato
della Vergine di Montallegro dello scultore altoatesino Stuflesser.
L'altare successivo, opera di Gio.
Bernardo Garvo e risalente al 1693, presenta
la dolcissima figura in legno dipinto della Vergine del Rosario ottenuta
in cambio della cessione di un esemplare più antico nel 1829, con
attorno una cornice di dipinti a olio su rame rappresentanti i misteri.
Ai lati vi sono le due statue in
marmo di San Domenico e Santa Rosa dello scultore Gio. Francesco Baratta,
donate dal capitano Giovanni Andrea Merello nel 1697. Qui era in precedenza
collocata la tela con la Madonna del Rosario tra San Domenico e Santa
Caterina da Siena con donatori attribuibile a Bernardo Castello ed ora
collocata sopra l'ingresso della sacrestia.
L'altare seguente, dedicato
all'Addolorata, ospita una tela che riproduce la Deposizione di Cristo dalla
Croce. Accanto si apre l'edicola di N.S. di Lourdes in cui sono
conservati anche alcuni reliquiari.
Si giunge così sotto l'ottagono della
cupola arricchita da 42 vetrate policrome riproducenti un coro di angeli
e dagli affreschi di medesimo soggetto eseguiti tra il 1918 e il 1920
da Archimede Albertazzi con un linguaggio che strizza l'occhio alla pittura
del primo Quattrocento.
Ai pilastri si affiancano le belle statue
in marmo dei quattro Evangelisti, realizzate originariamente per la chiesa
di San Michele di Pagana da Antonio Orazio Quinzio, collocate nel 1932.
In questo spazio si può ammirare anche il pulpito in marmo in cui sono
incorporati sei bassorilievi, alcuni dei quali provenienti da un'antica
cappella edificata nel XIII secolo dal cardinale Ottobono
Fieschi (papa Adriano V) che ebbe legami particolari con Rapallo.
Nel transetto a destra si apre l'altare
del Santissimo, affidato dalla famiglia Castagneto-Murtula
a Gaetano Moretti, arricchito dalle vetrate policrome di Olindo Grassi e
dall'affresco di Archimede Albertazzi riproducente l'Apparizione della
Vergine di Montallegro.
Di fronte, nel 1921, l'architetto
Antonio Rovelli realizzò l'altare dedicato a San Giuseppe, di spiccato gusto decò soprattutto nell'accostamento tra i mosaici dorati e
le decorazioni in bronzo che pongono in risalto la statua del santo.
Alle pareti, due nicchie accolgono i busti
dei donatori: Maria Vaccaro Castagneto e Angelo Castagneto.
La tela di Domenico Fiasella, detto il Sarzana, commissionata dalla comunità
rapallese attorno al 1635, domina l'altare laterale destro dedicato a
San Biagio, compatrono della città, mentre in corrispondenza dall'altro lato
si trova l'altare dell'Annunziata, la cui pala secentesca è
riconducibile alla grazia di Bernardo Castello.
Di interesse sono le Stazioni della
Via Crucis distribuite lungo il perimetro interno della chiesa, scolpite
nel 1948 da Oreste Zampieri.
Il presbiterio accoglie l'altare in
marmo attribuito a Bernardo Schiaffino, che lo avrebbe consegnato il 1° giugno 1728
al Monastero rapallese delle Clarisse, dal quale fu trasferito in Basilica nel
1919 dopo la soppressione del convento.
Al di sopra si innalza il gruppo in
marmo rappresentante l’apparizione di N.S. di Montallegro, opera di Enrico
Quattrini, che venne benedetto il 12 settembre 1926.
Nel dicembre 1992 sono stati qui
collocati la nuova mensa in marmo e bronzo e l'ambone di Giorgio Gnudi.
Sulla volta si distende l'affresco
dell'Assunzione di Maria del pittore Pasquale Arzuffì
(1938) che per la figura della Vergine rielabora i modelli illustri di
Tiziano e Annibale Carracci.
Nel catino dell'abside troviamo il Cristo
Pantocratore con i Santi Gervasio e Protasio dipinti da Archimede
Albertazzi nel 1925.
Le vetrate di Olindo Grassi e
della ditta Caron di Vicenza abbelliscono tutto lo spazio absidale dove merita
attenzione il coro settecentesco in legno.
Sulle pareti del presbiterio si
trovavano le grandi tele, databili attorno al 1827, di Santino
Fortunato Tagliafichi che ora sono appese nei
camminamenti laterali. Esse riproducono scene relative ai Santi Gervasio e
Protasio. In questa zona sono poste altre tele che rappresentano San
Nicola di Bari, La fuga in Egitto, la Visitazione.
La Madonna di
Montallegro patrona di Rapallo
Il 2 luglio 1557 la Vergine
apparve su uno dei colli alle spalle di Rapallo a un contadino di Canevale,
Giovanni Chichizola. A lui affidò per i rapallesi, quale pegno d'amore materno,
un'icona della Dormitio Virginis.
Seguendo l'indicazione della Celeste
Signora nel luogo dell'apparizione, da allora denominato Montallegro, venne
eretta una chiesa che, in seguito alle numerose grazie ricevute, attirerà nei
secoli nutriti gruppi di fedeli e pellegrini.
La Vergine fu eletta patrona della città
di Rapallo e del suo Capitaneato nel 1739,
mentre nel 1948 il monogramma mariano fu posto al centro dello stemma
ufficiale del Comune per la protezione che Maria aveva assicurato durante il
secondo conflitto mondiale.
Ogni anno, nei primi tre giorni di
luglio, la città celebra con solennità le feste dedicate a N.S. di Montallegro
e, entro l'ottava dalla data dell'apparizione, la comunità si reca al Santuario
per sciogliere il voto formulato per scongiurare la pestilenza che imperversava
nel genovesato nel 1657.
I santi titolari
Gervasio e Protasio
Vissuti a cavallo fra il primo e il
secondo secolo, la tradizione vuole che fossero gemelli, figli dei martiri
Vitale e Valeria. I due fratelli avrebbero diffuso il Vangelo in terra lombarda
e, dopo aver donato ogni loro bene ai poveri, si sarebbero ritirati in un eremo
per dedicarsi alla preghiera.
Denunciati come cristiani, furono
condannati a morte per essersi rifiutati di sacrificare agli dèi. Gervasio
sarebbe caduto sotto i colpi delle verghe, mentre Protasio, dopo la tortura,
sarebbe stato decapitato.
Seppelliti in segreto da un certo
Filippo, i loro corpi sarebbero stati trovati da Sant'Ambrogio in seguito a
un'ispirazione miracolosa e quindi trasportati nella chiesa milanese poi
dedicata al santo. Il loro culto fu portato a Rapallo da missionari giunti da
Milano.