Rapallo - Oratorio dei Neri e Torre Civica

Nel cuore del centro storico rapallese, su di un piccolo poggio, sorge la Chiesa di Santo Stefano, comunemente chiamata "Oratorio dei Neri". La tradizione afferma che questo sia stato il primo tempio cristiano edificato nella città.

E’ indubbio che l'erezione della stessa fu molto antecedente a quella dell'attuale Basilica, e ciò è confermato sia dall'intitolazione al Protomartire, il cui culto in Liguria precedette senz'altro quello dei Santi Gervasio e Protasio portato dai Vescovi milanesi, sia dal titolo di "Preposito" (nome più antico di " Arciprete" ) che distingueva chi reggeva la chiesa, sia infine, per l'ubicazione al centro dell'abitato, protetta dalle mura e in posizione elevata per salvaguardarla dalle frequenti inondazioni del "Bogo" (torrente Boate).

La prima notizia certa che la riguarda è rappresentata da un atto di ripartizione del novembre 1143. Circa l'ubicazione, invece, l'attestazione più antica è fornita da un atto del notaio Gio. Scriba del luglio 1156.

Il titolo di Propositura accompagnò nei tempi la chiesa, che mantenne lungamente la cura di anime, pur sorgendo a breve distanza dalla parrocchiale e possedeva altresì un proprio Capitolo di Canonici con propri statuti e disposizioni, al quale competeva la nomina del Preposito.

In Santo Stefano ebbe sede iniziale la Confraternita dei Disciplinanti detti " i Bianchi" per il colore delle cappe, sorta a Rapallo verso il 1263.

Essi vi mantennero la sede fino alla prima metà del 1500, quando eressero poco distante il loro Oratorio attiguo all'ospedale di Sant'Antonio (ora sede del Comune).

Presso Santo Stefano si svolgeva anche l'attività amministrativa della comunità rapallese, come affermano documenti del XII secolo: sul suo sagrato "sub frascata" (sotto un pergolato) i consoli amministravano la giustizia.

Con decreto del Pontefice Paolo III Farnese del giugno 1541, la chiesa veniva concessa in giuspatronato all'illustre famiglia rapallese dei Della Torre, che esercitò per tre secoli fino al 1859 procedendo alla nomina dei Prepositi. Solo dopo il 1908, non rintracciandosi nessun discendente di tale casato, la designazione fu fatta dal Vescovo di Chiavari Mons. Vinelli e don Gaetano Muzio fu l'ultimo a ricoprire tale incarico sino al 1954.

Il 4 luglio 1549 la chiesa dovette subire l'oltraggio dei pirati islamici guidati dal Dragut, quando essi assaltarono Rapallo depredandola e vi è notizia che il preposito Domenico della Torre venne trucidato dagli infedeli mentre fu rapita una sua nipotina di cinque anni.

Mons. Francesco Bosio, visitatore apostolico per incarico dell'arcivescovo genovese, nel 1582 la definisce "Ecclesia simplex”, cioè senza cura d'anime, e stabilisce alcune disposizioni per rendere la chiesa più dignitosa.

Il degrado comunque dovette aggravarsi progressivamente tanto che con bolla del dicembre 1634, papa Urbano VIII sanzionava l'assegnazione perpetua dell'edificio sacro alla Confraternita " Mortis et Orationis", detta "dei Neri" per il colore delle cappe indossate, che si impegnava ad attuare i necessari restauri.

Nel 1694 si procedette allo spostamento a ponente del coro e a levante l'ingresso della chiesa e si creò la scala di accesso posta nel circostante cimitero. La Confraternita poi, nel 1752 affidava ai marmisti genovesi Nicolò Durante e Felice Solaro la realizzazione dell'artistico altare in marmo, sormontato da una pregevole cornice marmorea che racchiude una bella tela, riproducente la Crocifissione con le anime del purgatorio. Di questo periodo probabile è la costruzione della cantoria sopra l'ingresso e dell'organo andato perduto.

Nel 1907 la Confraternita affidò alla ditta Gori di Rapallo i lavori per erigere, sull'angolo del tetto in fondo a sinistra, il piccolo campanile e nel giugno 1908 venivano benedette e collocate le campane.

Nel corso dei decenni la chiesa rimase attivamente inserita nell'attività religiosa sia per l'impegno della confraternita, sia perché scelta assai spesso come sede per incontri e azioni liturgiche anche dall'Associazione San Filippo Neri; qui allestiva il proprio presepe con rilevante richiamo di fedeli anche per le belle statuine che l'assistente Gaetano Muzio, "Pre Gaetan" aveva acquistato a Napoli e fatto rivestire in abiti genovesi da abili sartine rapallesi.

Immancabile, durante la Settimana Santa, il "sepolcro" realizzato dai Confratelli con l'aiuto degli abitanti del rione e il tradizionale formarsi presso L'Oratorio della Processione con il Cristo Morto la sera del Venerdì Santo.

Il 28 luglio 1944 la chiesa fu danneggiata dai bombardamenti e nonostante opportuni restauri nel 1958 e 1963 seguì un ulteriore periodo di chiusura e di inagibilità.

A partire dal 1986/87, fino al 2012 un intenso programma di lavori di consolidamento, restauri e riordino generale, ha reso la chiesa nuovamente fruibile e decorosa per le funzioni religiose.

VISITA DELLA CHIESA

Esterno: Oltrepassata la grande cancellata in ferro battuto, tramite una scalinata in mattoni si accede alla chiesa di S. Stefano, conosciuta comunemente come "Oratorio dei Neri".

Il sagrato presenta un mosaico a disegno geometrico realizzato con pietre marine; la facciata a capanna e dipinta in stile ligure a strisce bianche e grigie restaurata nel 2012, ha un portale in legno contornato da elemento decorativo dipinto con colonne e architrave, al centro del quale è raffigurato lo stemma della Confraternita "Mortis et Orationis". In alto una grande finestra ad arco con vetrata a disegno geometrico.

La copertura del tetto a due falde è in abadini (piccole lastre di ardesia).

A destra della facciata s'innalza la possente mole in pietra, alta 32 metri, della Torre Civica, simbolo dell'unità comunale; eretta nel 1473 venne sopraelevata nel 1581 e dotata di orologio e campana per il suono delle ore, trasportata dalle Fiandre (come informa la piccola lapide posta sopra la porticina di accesso), il lato perimetrale destro della chiesa si è conservato nel suo aspetto romanico, con due monofore, anche se si vedono chiare le tracce dei successivi rimaneggiamenti e modifiche come la aggiunta della sacrestia.

Nel lato perimetrale di sinistra, sull'angolo in fondo, nel 1907 fu costruito un piccolo campanile, che ospita due campane: la più grande fusa dalla ditta Picasso di Avegno e del peso di 200 Kg, reca l'invocazione: "Sancte Stefhane ora pro nobis - A.D.1907" mentre la minore, del 1604, porta la scritta "Ave Maria". Tutto intorno alla chiesa, quello che era l'antico cimitero, si presenta un ordinato giardino, suggestiva oasi naturale in mezzo alle case del centro storico.

Interno: L'interno della chiesa è a navata unica con pareti bianche e con volta a botte intervallata da vele sopra le finestre; il pavimento in marmo, presenta un disegno a losanghe bianche e grigie. Sopra l'ingresso domina la cantoria con decorazione barocca, che ospitava l'organo andato perduto.

Sulla parete di fondo a destra l'antica tabella lignea che viene ancora usata per indicare i nomi del consiglio della confraternita; a sinistra una bacheca racchiude alcuni oggetti liturgici e documenti antichi, mentre sopra la cantoria una tela del pittore contemporaneo Pietro Delfitto raffigura il martirio di S. Stefano.

Le sculture in gesso sono dell'artista Rapallese Italo Primi, la lunetta posta sopra la porta della cantoria, riproducente l'Incoronazione della Madonna, è il bozzetto per la realizzazione in marmo del fregio posto sul portale del Santuario di Montallegro. Sopra le acquasantiere in marmo bianco, si vedono le lapidi che fanno memoria di Confratelli benemeriti.

Le due nicchie delle pareti laterali ospitano le statue in cartone romano, dei diaconi S.Stefano e S.Lorenzo; nella cappellina a sinistra è collocata la statua raffigurante l'apparizione della Madonna a Montallegro, opera di Italo Primi e dono della famiglia Solari Arena.

Due gradini immettono al presbiterio senza balaustre, l'altare in marmo policromo, opera dei genovesi Nicolò Durante e Felice Schiaffino del 1752, è sormontato dalla pregevole tela di scuola genovese del fine Seicento raffigurante Cristo in croce con le anime del purgatorio, contornata a sua volta da una cornice marmorea con angeli che sorreggono lo stemma della Confraternita.

Dietro all'altare si accede alla sacrestia restaurata nel 1991, il pavimento in ardesia scura e marmo bianco con gli arredi antichi le conferiscono una sobria eleganza. Di pregevole fattura è l'antico lavabo in marmo.

LA CONFRATERNITA "MORTIS ET ORATIONIS"

La Confraternita "Mortis et Orationis" venne costituita nel 1630 per iniziativa di alcuni rapallesi che vollero dedicarsi al pietoso ufficio di dare sepoltura ai defunti poveri e alla conseguente preghiera a suffragio di tutti i defunti.

Ricevette una prima approvazione con atto dell'abate Alessandro Sperello, Vicario generale dell'Arcivescovo di Genova, il 21 febbraio 1631, quindi aggregata con proprio statuto all’Arci-confraternita della Morte e Orazione di Roma, con gli stessi privilegi e indulgenze.

Il Papa Urbano VIII nel dicembre del 1634 approvava la concessione alla Confraternita l'uso perpetuo della chiesa di S.Stefano, da tempo in abbandono, la quale si impegnava ad effet-tuare i necessari restauri ed al ripristino dell'uso liturgico.

I confratelli, che indossavano una semplice cappa in tela nera cinta in vita con cordone nero e distintivo stampato su cartone appuntato sulla parte sinistra del petto, oltre alla vita religiosa e alle funzioni liturgiche, si dedicarono con particolare impegno nel dare sepoltura cristiana presso le chiese del borgo e presso lo stesso Oratorio a morti poveri ed abbandonati, come testimonia il libro dei Provveditore che indica precise registrazioni dal 1691 sino al 1797.

Tra e pratiche religiose della confraternita particolare rilievo aveva la preghiera nella novena e ottavario dei morti, le messe in suffragio dei confratelli defunti, la preghiera al SS. Sacramento; rilevante era la processione del Venerdì Santo, nella quale veniva portata a spalle la statua del cristo deposto, opera dello scultore Antonio Canepa del 1899, e relativa "cuna" dorata opera dell'intagliatore genovese Carlo Sconnio; ancora oggi viene esposta durante la settimana santa alla venerazione e preghiera di moltissimi fedeli.

Alla Confraternita si debbono anche le prime rappresentazioni dei "Misteri della Passione" su di un palco allestito in S. Stefano o presso la chiesa del monastero di S. Chiara (oggi Auditorium). È curiosa in proposito la decisione, in data 23 giugno 1786, di interpellare Carlo Goldoni perché volesse comporre un dramma da mettere in scena a Rapallo.

Alla  Confraternita  si  devono  i  numerosi  lavori di restauro, abbellimento e conservazione, come già scritto, dall'inizio della sua costituzione fino ai nostri giorni. Attualmente la Confra-ternita è ente ecclesiastico civilmente riconosciuto con R.D. 28.6.1934, e associazione laicale di fedeli , approvata con decreto vescovile del 5.7.1985.

LA TORRE CIVICA

Una trentina di esponenti delle più illustri e influenti famiglie rapallesi, appartenenti alle diverse fazioni politiche, che per anni si erano avversate rendendo impossibile il governo del borgo, il 5 gennaio 1473 si riunirono nella sede comunale al fine di costruire un’opera che fosse simbolo della recuperata pace e di proficua unione per la comunità.

Nel "Libro rosso" del Comune assieme alle memorie degli accadimenti più importanti, furono trascritti i nomi dei presenti e il motivo della riunione "Omnes concordes et nemine discepantia deliberaverunt et statuerunt et ordinaverunt construendi facere campaninum sancti Stephani". La torre fu realizzata in pietra viva, munita di campana e di orologio.

Nel 1581 si procedette a una sopraelevazione, mediante un pinnacolo col terrazzo in marmo e si sistemò una nuova campana da utilizzarsi anche per il suono delle ore. Ne fa fede la lapide posta sopra la porticina di ingresso.

Nel 1640 venne rifusa la campana e fregiata degli stemmi cittadini. La campana tuttora esistente fino a pochi anni fa veniva suonata in occasione delle riunioni del consiglio comunale; durante l'ultimo conflitto mondiale fu sistemata una sirena per segnalare le incursioni aeree.

Nel 1873 la torre venne colpita da un fulmine e fu sottoposta a restauri che le diedero l'aspetto attuale.

Dichiarata monumento nazionale nel 1910, negli ultimi anni del secolo scorso fu sottoposta da parte della civica amministrazione a cui appartiene, a ulteriori lavori di consolidamento e restauro per rendere imperituro il simbolo di libertà e unità che rappresenta.