Probabilità

Oggi grazie ad un matematico italiano, si è affermata l’idea
che sia un concetto soggettivo: dipende anche dalle nostre opinioni.

ll concetto di probabilità, nel senso di valutazione delle possibilità di successo di un certo evento, era già conosciuto nel mondo antico, ma solo in termini discorsivi. Per quanto strano possa sembrare oggi, nessuno studioso sentì il bisogno di analizzarne i risvolti matematici, prima della seconda metà del XVII secolo.

UTILE A CHIMICI E A GENETISTI
Da allora la teoria delle probabilità si è evoluta e raffinata, contribuendo ad ampliare le nostre conoscenze in molti settori della scienza, dalla fisica alla genetica, dalla chimica all’economia. Un traguardo raggiunto soprattutto grazie alla statistica, la disciplina (sviluppatasi verso la seconda metà del XIX secolo) che cerca di descrivere in termini matematici le caratteristiche di un fenomeno, analizzando un gran numero di dati a esso relativi.

Qualche esempio? Le leggi che interpretano il comportamento dei gas nascono su base statistica, così come le equazioni che in economia, descrivono gli andamenti dei prezzi.
E i genetisti cercano le anomalie ereditarie sulla base d’indicazioni statistiche: tra le popolazioni del Sud Italia, per esempio, era segnalata una maggiore incidenza di anemia mediterranea. Grazie a quest’indicazione è stato possibile individuare il gene della malattia.

UNA DEFINIZIONE IN TRE TAPPE
E singolare notare come un progresso del genere sia potuto avvenire, nonostante per lungo tempo non sia stata trovata una definizione coerente del concetto stesso di probabilità.

Secondo la definizione matematica più antica (detta classica), la probabilità di un evento è uguale al rapporto tra il numero di casi favorevoli ed il numero di tutti i casi possibili. Per esempio, la probabilità di pescare un asso estraendo una carta da un mazzo che ne contiene 40 è data da: 4/40 = 1/10 = 10%. Infatti, i casi favorevoli sono 4 (gli assi contenuti nel mazzo) e i casi possibili sono 40 (le carte dell’intero mazzo).

Questa definizione, però, anche se è efficace nell’analisi di fenomeni ben definiti, non è molto rigorosa, in quanto sottintende che tutti i casi possibili debbano essere ugualmente probabili. In sostanza, quindi, richiede una preesistente cognizione di probabilità. E una definizione matematica non può basarsi sullo stesso concetto che intende specificare...

Per ovviare a tale carenza, si è a poco a poco imposta un’altra definizione (detta frequentistica), secondo la quale la probabilità di un determinato evento è considerata uguale al rapporto tra il numero di risultati favorevoli ottenuti in una serie di esperimenti, e il numero di esperimenti effettuati. Per esempio, se dopo aver eseguito 1.000 volte l’estrazione di una carta da un mazzo (ogni volta da 40), si osserva che l’asso è uscito circa 100 volte, si può affermare che la probabilità di estrarre un asso da un mazzo da 40 carte è uguale a circa 100/1.000 = 1/10 = 10%.

La definizione frequentistica consente di applicare in campo statistico gli strumenti della teoria delle probabilità, ma ha il difetto di essere applicabile solo a eventi già accaduti.
Finalmente, all’inizio degli anni ‘70, il matematico italiano Bruno De Finetti riuscì a dare al concetto di probabilità un significato formalmente più accettabile.

Secondo la definizione da lui proposta (detta soggettiva) la probabilità di un evento è il "grado di fiducia" (evidentemente variabile da persona a persona) che si pone nel verificarsi dell’evento stesso.

L’IMPORTANTE E’ CHE FUNZIONI
La probabilità non deve quindi essere vista come una caratteristica oggettiva, intrinsecamente legata ai fattori che regolano il verificarsi di un determinato evento, ma solo come una personale valutazione delle loro implicazioni.

Questa impostazione, tra l’altro, consente di utilizzare i risultati legati alle altre due definizioni (classica e frequentistica) nelle situazioni in cui hanno dimostrato di funzionare meglio. Il primo, il metodo classico, è per esempio sempre utile in tutti i casi in cui nessun evento appare favorito rispetto agli altri (come i lanci di dadi o le estrazioni di numeri).

Se per esempio si vuole calcolare la probabilità di fare 6 al Superenalotto, conviene ragionare nel seguente modo: c’è una sola sestina vincente, mentre il numero di tutte le possibili sestine ottenibili con i 90 numeri in gioco, in base al calcolo combinatorio (vedi box), è uguale a 622.614.630. La probabilità cercata e, quindi, pari a: 1/622.614.630 = 0,00000016.

In maniera analoga, si può calcolare la probabilità di ottenere sempre testa, lanciando in aria una moneta 10 volte di seguito. Anche in questo caso, la situazione favorevole è una sola (10 teste di seguito), mentre, in base al calcolo combinatorio, tutte le possibili sequenze di uscita sono 1.024. Di conseguenza, la probabilità cercata è data da: 1/1.024 = 0,098%. Questo risultato non coincide esattamente con quello relativo alla probabilità che il rosso esca 10 volte di seguito al tavolo della roulette; tenendo conto dell’incidenza dello "0"(di colore neutro), un tale valore è uguale a: 0,074%, leggermente inferiore all’altro.

La definizione classica risulta utile anche per risolvere questioni un po’ più articolate, come calcolare, per esempio, la probabilità di ottenere un poker servito, giocando con un mazzo da 36 carte. In questo caso, il ragionamento da seguire è il seguente. I possibili poker sono 9, ma ognuno di questi può essere abbinato a una qualsiasi delle altre 32 carte; le mani favorevoli sono, quindi, in tutto 9x32 = 288. Il numero di tutte le possibili mani di 5 carte, ottenibili con un mazzo da 36, in base al calcolo combinatorio, è uguale a 376.992. La probabilità cercata, quindi, è uguale a: 288/376.992 = 1/1309 = 0,076%. Cambiando i dati, si può verificare che, con un mazzo da 40 carte, la probabilità in esame scende allo 0,055%, mentre con un mazzo da 32, sale allo 0,11%.

L’INCOGNITA DEL FATTORE UMANO
Per calcolare la probabilità relativa ad eventi molto complessi o che non seguono schemi fissi, è necessario adottare la definizione frequentistica e, quindi, prendere in esame una serie di dati statistici.

Se per esempio si vuole calcolare la probabilità che, in un anno, cada un meteorite in una certa zona della Terra, il sistema migliore è rilevare quante volte, in passato, sono caduti meteoriti in quella zona. Se in 100 anni ne sono caduti 5, si potrà affermare che la probabilità di un evento simile è pari a: 5/100=5%.

Ancora più ardua è la determinazione della probabilità relativa ad un evento dipendente da decisioni umane. Per esempio, se si vuole stabilire la probabilità che una coppia di sposi, fresca di nozze, divorzi nell’arco di un certo numero di anni, non basta sapere semplicemente quante coppie sono arrivate alla stessa determinazione negli anni precedenti.
E’ necessario, infatti, prendere in considerazione anche una serie di altri dati significativi, relativi ai due componenti della coppia: l’età, la nazionalità, la condizione sociale, il titolo di studio, il lavoro, il carattere, i gusti personali... In tal modo si restringe il dato statistico a un campione di persone sposate omogeneo alla coppia in esame.

In ogni caso, indipendentemente dalla definizione adottata,
la probabilità è sempre espressa da un valore compreso tra zero e uno.

Un evento viene detto probabile, quando il valore della sua probabilità è vicino a uno mentre viene detto improbabile, quando il valore della sua probabilità è vicino a zero. Bisogna, però, stare molto attenti a non confondere il concetto di probabile con quello di certo (probabilità uguale a uno), né il concetto di improbabile con quello di impossibile (probabilità uguale a zero).

Un evento certo si verifica sempre, mentre uno probabile, qualche volta può non verificarsi; analogamente, un evento impossibile non si verifica mai, mentre uno improbabile, qualche volta si verifica.

In particolare, è molto difficile che, eseguendo un elevato numero di prove, un evento improbabile non si verifichi mai. Questo concetto, giustificato dalla "legge dei grandi numeri", è spesso invocato per elaborare sistemi per vincere al lotto o alla roulette.

Peccato che nessuno di quei sistemi funzioni, per il ferreo motivo che non può funzionare.


Esiste un modo per volgere a proprio favore le probabilità e arricchirsi?
Molti credono di sì, ma la teoria delle probabilità li smentisce:
alla fine vince il banco. Ecco perché.

Ha un sistema infallibile per fare 13 al Totocalcio o, almeno,
dice che si è sempre rifatto delle spese, tiene conto
di tutti i numeri che escono da quando è stato inventato
il Superenalotto, elabora i dati con i computer.

E’ il cosiddetto giocatore "razionale". Peccato che nel suo comportamento
non ci sia nulla di razionale. E che le sue convinzioni siano smentite
proprio dalla scienza alla quale si affida: il calcolo delle probabilità. Vediamo in che senso.

LA TEORIA DEI RITARDI
Questo errore riguarda tutti i giochi a pronostico (Lotto,Totocalcio, Superenalotto, ma anche la roulette) e consiste nel ritenere che i numeri "ritardatari" abbiano maggiori possibilità di uscire.

Il giocatore crede di affidarsi alla cosiddetta legge dei grandi numeri, che in effetti esiste e ha una giustificazione matematica. Ma la applica in modo sbagliato.

Per spiegare dove stia l’errore, prendiamo come esempio il lancio di una moneta. E’ evidente che la probabilità che esca testa o croce è uguale: 1 su 2, ovvero 0,5 che equivale al 50%. Se però proviamo a fare dieci lanci, ben difficilmente otterremo il 50% esatto. Con l’aumentare dei tentativi, però, noteremo che la frequenza (cioè il rapporto tra eventi positivi e lanci effettuati) si avvicina alla probabilità teorica.

Allora, dove sbaglia il giocatore? Nello scambiare la frase "all’aumentare del numero di prove" con la frase "dopo un elevato numero di prove".
Le due frasi, infatti, non hanno per nulla lo stesso significato. Se, per esempio, esce "testa" 9 volte di seguito, al decimo lancio il "ritardologo" riterrà più probabile l’uscita "croce".

Però la legge dei grandi numeri non dice che la probabilità si bilancia "dopo un elevato numero di prove...". Il fatto che sia uscita 9 volte di seguito "testa" è un evento ormai accaduto, quindi la sua probabilità è del 100%. Questo significa che non ha senso utilizzare l’informazione per successive valutazioni statistiche. Dal punto di vista matematico, ogni volta che si fissa arbitrariamente l’inizio delle prove si impone un vincolo tale da far diventare la probabilità che esca ancora testa esattamente del 50%. Come al primo lancio.

IL NUMERO RICORRENTE
Il secondo errore è l’opposto del precedente: alcuni giocatori tendono a pensare che un numero uscito spesso in passato abbia buone probabilità di uscire ancora in futuro (non di rado gli scommettitori, senza rendersi conto della contraddizione, commettono contemporaneamente entrambi gli errori nel decidere le loro giocate).

Ma tornando al caso della moneta, dopo avere visto uscire "testa" 9 volte di seguito, il ragionamento dello scommettitore che crede nella teoria del numero ricorrente diventa: «Perché dovrei puntare i miei soldi su "croce", che sperimentalmente ha dimostrato di non uscire? Sarebbe come puntare su un cavallo brocco! Se la storia insegna qualcosa...»

In questo caso l’errore sta nel supporre una certa propensione della moneta a cadere in un modo anziché nell’altro. Ma anche qui, come per l’evento ritardatario, la valutazione delle frequenze si basa su fatti accaduti e quindi certi, che non possono in nessun caso influenzare la probabilità di eventi futuri.

Bisogna tuttavia aggiungere che il ragionamento dello scommettitore potrebbe essere giusto... se la moneta (o la ruota della roulette) fosse truccata o mal tarata. In tal caso la frequenza d’uscita sarebbe sbilanciata all’origine e lo scommettitore avrebbe ragione a puntare sul numero che esce più spesso.

HO VINTO UN MILIARDO... QUASI
Una frequente categoria di errori di valutazione nasce dal fatto che il calcolo delle probabilità può essere antiintuitivo: spesso non si ha idea di quali siano le reali possibilità di vincita a fronte del rischio e della spesa.

L’errore più diffuso si presenta quando si cerca di valutare, dopo aver perso, quanto vicini si è comunque andati alla vincita. La frase "ho quasi vinto un miliardo" è vera se si sono vinti 999 milioni, ma non se il numero del proprio biglietto della lotteria era sbagliato per una cifra!
Un errore analogo è quello di pensare: "Ho fatto 3 al Superenalotto, ero a metà strada per fare 6". Quando si punta su un numero vicino al vincente, per esempio si punta sul 5 al Lotto e invece viene estratto il 4, non si va affatto vicini alla vincita, si sbaglia e basta.
Sembra una banalità, ma ogni numero diverso da quello giusto è un numero completamente sbagliato. Del resto, il contenitore del numero 4, scelto da un bambino bendato, poteva anche trovarsi vicinissimo al contenitore col numero 90. Ma chi ha puntato sul 90 vedendo uscire il 4 ben difficilmente penserà: "Maledizione, per un pelo!"

E chi fa 3 al Superenalotto non è affatto a metà dell’opera:
fare tre è infatti quasi due milioni di volte più facile di fare sei.

LE COMBINAZIONI "ANOMALE"

Si tratta di un errore diffuso fra i sistemisti: molti ritengono che alcune combinazioni numeriche siano improbabili.

Per esempio le sestine del Superenalotto fatte da tutti numeri pari, oppure le colonne del Totocalcio dove si incontrano tre segni 2 consecutivi anziché sparsi in posizioni casuali.Seguendo questo criterio, si eliminano dalle puntate tutte le combinazioni che appartengono alle "famiglie" meno numerose, che sono definite "combinazioni anomale".
Anche qui il ragionamento è concettualmente sbagliato: viene infatti confusa la combinazione su cui si punta con la famiglia o l’insieme delle combinazioni che le assomigliano.

Facciamo un esempio col Superenalotto: una sestina con soli numeri pari viene sconsigliata perché è molto più facile che una sestina abbia 3 numeri pari su 6, oppure 2 o 4 (cosa verissima). Però si confonde la singola sestina con la sua "famiglia". In realtà, ciascuna sestina ha sempre la stessa identica probabilità di uscire che hanno tutte le altre: una su 622.614.630.
Una sestina di soli numeri pari ha quindi la stessa probabilità di qualsiasi altra. Chi gioca non punta sulla numerosità di una famiglia, ma sulle singole sestine! Le cose, però, cambierebbero se la scommessa fosse "quanti numeri pari ci saranno nella prossima estrazione?"...Allora sì che converrebbe puntare sulla famiglia più numerosa, ovvero, nel caso del Superenalotto, su una sestina composta da tre numeri pari e tre numeri dispari.

E’ pure errato ritenere che, ad esempio, una sestina come 1,2,3,4,5,6 sia più improbabile di altre. Le palline che contengono i biglietti coi numeri non hanno alcuna idea del numero che contengono né, tantomeno, conoscono il significato che noi attribuiamo ai simboli 1,2,3,4,5,6. Pensate infine se i numeri da uno a sei fossero scritti in cinese: voi non li capireste e non potreste giudicare che questa sestina è "improbabile". Sareste nella stessa condizione dell'apparecchiatura usata per estrarre i numeri !

SISTEMISTI, ALLA RISCOSSA
Quello precedente era un errore tipico dei sistemisti, ma il fatto più curioso è che il concetto stesso di sistema è poco corretto. Almeno se si ritiene che giocando un sistema la spesa cali e le probabilità di vincere aumentino, rispetto alle puntate su un uguale numero di colonne scelte a caso.

In realtà, giocare 40 ambi a casaccio su una ruota del Lotto oppure giocare un sistema ricco di filtri, condizioni, riduzioni, e altre strategie statistiche escogitate dagli studiosi del campo, che però alla fine risulti costituito da 40 ambi, dal punto di vista delle probabilità è esattamente la stessa cosa.
L’errore nasce da una combinazione dei tre precedenti. C’è però da aggiungere che i sistemi sono utili nei giochi a pronostico, dove non tutte le combinazioni sono ugualmente probabili: nel Totocalcio, per esempio, un sistema può essere studiato per evitare colonne che contengano troppi segni 2, sulla base dell’osservazione (storica) che le squadre vincono meno in trasferta che in casa. Inoltre, compilando molte colonne diverse, si rischia di giocarne involontariamente due uguali!

INTUITO CONTRO MATEMATICA
Esistono infine altre semplici osservazioni che si possono fare sulle errate impressioni che nascono affidandosi troppo all’intuito e poco alla matematica.

Lo sapevate, per esempio, che risulta 5 volte più facile essere colpiti da un fulmine che fare 6 al Superenalotto? Questo tipo di calcolo non si basa su considerazioni teoriche, ma come si è detto nelle pagine precedenti sull’osservazione della frequenza dei due eventi: ogni anno, le persone che vengono colpite da un fulmine in Italia sono 5 volte più numerose dei vincitori col 6 al Superenalotto.

Per quanto riguarda il Lotto, sapete quante probabilità di vincere ci sono, giocando lo stesso terno sulla stessa ruota, due volte alla settimana, per circa 78 anni? Il 50%, ovvero la stessa probabilità che si avrebbe scommettendo sul lancio di una moneta.

Come sì calcolano le probabilità?
Ecco i casi base descritti dal calcolo combinatorio

1) ABBIAMO 10 CARTE: quanto probabile ogni loro sequenza? Basta moltiplicare tutti i numeri da 1 a 10: è il numero delle possibili PERMUTAZIONI. Il risultato è 10x9x8x7x6x5x4x3x2x1=3.628.800.

2) C’E’ UNA CORSA CON 10 CAVALLI: quanta probabilità abbiamo di indovinare i primi 3 nell’ordine esatto? Quando non si usano tutti gli elementi, sì parta di DISPOSIZIONI. Il risultato si ottiene "bloccando" il prodotto dei 10 numeri dopo i primi 3 (il numero che ci interessa): 10x9x8 =720.

3) SUPERENALOTTO: quante probabilità abbiamo? Se non conta l’ordine degli elementi, si parta di COMBINAZIONI, e il risultato si ottiene dividendo le disposizioni (90x89x88x87x86x85) per le permutazioni (6x5x4x3x2x1). Il risultato è 622.614.630.

4) LANCIAMO UN DADO 10 VOLTE: qual è la probabilità di ottenere tutti 6? Poiché ciascun numero può uscire più volte, sì parla di DISPOSIZIONI CON RIPETIZIONE. Il risultato è 610 = 60.466.176.

 

Operando con il calcolo delle probabilità capita spesso
di ottenere risultati razionalmente incredibili, ma paradossalmente esatti.

Come questo semplice problema: "Un uomo ha due figli e almeno uno dei due è maschio. Qual è la probabilità che anche l’altro sia maschio?" La risposta giusta non è1/2; come si potrebbe pensare, ma: 1/3. I casi possibili, infatti, non sono due, ma tre: MM, MF e FM.
Bisogna sempre cercare di calcolare l’intera gamma di possibilità.
Invece se il problema avesse specificato: "
il maggiore è maschio", i casi si sarebbero ristretti a due: MM, MF e la probabilità sarebbe stata effettivamente di 1/2.
L’importante per valutare correttamente le probabilità, dunque, è valutare tutti i casi possibili. Attenzione inoltre alle parole come"almeno": almeno 3 non significa tre, ma da tre compreso in su !

INDOVINA SE HO UN ALTRO ASSO
Sullo stesso principio. anche se in un contesto più complesso, è basato il "paradosso del secondo asso".
Se, in una partita a Bridge, un giocatore afferma genericamente: «Ho un asso» la probabilità che in mano abbia anche un secondo asso, svolgendo i relativi calcoli, risulta essere uguale a circa il 37%.
Se, invece, il giocatore specifica anche il seme dell’asso in suo possesso, dichiarando, per esempio: «Ho l’asso di cuori», la stessa probabilità sale incredibilmente a circa il 56%.
Anche in questo caso, infatti, specificare il seme dell’asso fa diminuire il numero delle distribuzioni possibili.

STESSO COMPLEANNO
Un altro noto paradosso riguarda la probabilità che, in un gruppo di 25 persone, due di queste siano nate nello stesso giorno e nello stesso mese (anche se in anni diversi).
Si stenta a credere che un valore del genere non sia del 78%, come si potrebbe supporre, ma circa del 56%.
Ancora più sorprendente appare il fatto che, aumentando di poche decine di unità il numero delle persone, tale probabilità si avvicina rapidamente a 1 (la certezza assoluta), pur non arrivandoci mai. Per esempio, in un gruppo di 50 persone, la probabilità vale circa il 97%.

Se queste affermazioni non vi convincono, potete verificarne la fondatezza, non appena avrete modo di trovarvi insieme a un adeguato numero di vostri amici. D’altra parte, per analogia, pensate a un bambino che sta facendo una raccolta di figurine composta da 365 i pezzi: che probabilità ha, secondo voi, di non trovare neanche un doppione, tra le prime 50 figurine acquistate?

LA FIDANZATA SCONTENTA
Quest’ultimo paradosso, detto "dei due treni" deriva soprattutto da una formulazione incompleta del problema.

(ATTENTI, QUANDO CERCATE DI VALUTARE I CASI POSSIBILI QUESTI POSSONO NON ESSERE TUTTI EQUIPROBABILI !)

"Un ragazzo ha due fidanzate: la prima abita a est, la seconda a ovest. Per andarle a trovarle deve prendere il treno, e poiché i due treni (uno che va ad est e uno che va ad ovest) passano entrambi ogni 20 minuti, il ragazzo lascia che sia il caso a decidere da quale fidanzata andrà: prende semplicemente il primo treno che arriva. Come mai, allora, va a trovare molto più spesso la fidanzata che sta a est?"

La risposta è che i due tempi di attesa non sono identici (ECCO IL DATO CHE MANCAVA):
per 15 minuti non passa nessun treno, poi arriva quello che va a est e dopo 5 minuti quello che va ovest.
E' quindi 3 volte più probabile prendere il treno che va all’est, perche’ è tre volte più lungo l’intervallo di attesa EST-OVEST che l’intervallo OVEST-EST.


Torno a Casa