Nicola Gaetani Tamburini - Corrispondenza con altri Letterati e Patrioti

Gabriele Rosa

Reperibile presso la
Biblioteca Queriniana
di Brescia

Gabriele Rosa - Patriota e scrittore (Iseo 1812 - Iseo 1897). Proveniente da una famiglia povera, fu costretto a interrompere gli studi dopo la morte della madre e completò il suo percorso formativo da autodidatta. Affiliato alla Giovine Italia e arrestato nel 1833 (si leggano qui i dettagli delle vicende), scontò parte della condanna presso il carcere dello Spielberg. Liberato nel 1838, ma costretto a rifugiarsi in Piemonte, tornò in Lombardia dopo le Cinque giornate di Milano. Provveditore agli studi di Bergamo (1860), vicino al pensiero di Cattaneo e assertore di un ordinamento statale repubblicano e federale, intraprese una intensa attività giornalistica e di pubblicista. Scrisse tra l'altro: Le origini della civiltà in Europa (1862-63), Storia naturale della civiltà (1880), Genesi della cultura italiana (1889) e un'Autobiografia (pubblicata postuma, 1912). Fonte: Treccani.it

Gabriele Rosa è pure autore del "Disegno della Storia di Ascoli Piceno", opera ispiratagli dall'amico Nicola Gaetani Tamburini.
Il libro descrive, tra l'altro, alcune vicende legate all'Apostolato Dantesco.

 

Gabriele Rosa

Reperibile presso la
Biblioteca Queriniana
di Brescia

PREFAZIONE all'opera di Nicola Gaetani Tamburini
"Istruzione del popolo in America"

All'Onorevole MAURO MACCHI, Deputato al Parlamento Nazionale Italiano.
I tuoi studi incessanti ed amorosi intorno l'istruzione primaria, e 1'affetto che ponesti ai miei Comuni, dimostrano quanto chiaramente tu comprendi la necessità di rinnovare l'edificio nazionale e sociale colle libertà elementari, e coll'istruzione popolare.
Per potere a queste due ruote dello Stato volgere fasci potenti di forze, bisogna persuaderne l'importanza economica e la necessità a quel popolo, che, quando vuole seriamente, può convertire i sassi in pane, e creare e trasformare i Governi dalle fondamenta.
Anglo-Sassoni, Scandinavi e Germani, ora fecondano più i Comuni e le scuole che gli eserciti permanenti e gli splendori cortigiani, perchè il popolo è persuaso intimamente, e per lunga prova, della convenienza economica di questo sistema.
Il popolo si educa non per teorie, ma per fatti, e la coordinazione de' fatti compone anche le scienze vere ed utili. La via delle esperienze interne in Italia, ancora tanto disordinata, è lunga troppo e difficile. Ad appianarla soccorrono assai opportunamente gli esempi esterni.
In nessun paese della terra tanto profitta l'istruzione primaria, e tanto attrae forze e cure di cittadini, quanto nella Svizzera e negli Stati Uniti d'America.
Sull'istruzione del popolo in quella grande republica, il mio amico Nicola Gaetani Tamburini, benemerito dell'istruzione pubblica e delle lettere in Italia, compose questo prezioso manualetto che ti mando. Che vorrebbe essere ripublicato, e per cura delle Società per l'istruzione italiana, diffuso ai Comuni, ai Maestri, ai Consigli scolastici.
Vedrai che è un tesoretto di fatti in parte imitabili pure da noi, fatti che vogliono la concomitanza di quelle libertà e di quella moralità che li generano. Destandone il loro desiderio, parmi che si agevolerà anche l'avvenimento di queste libertà e moralità.
Per ciò ti raccomando l'opuscolo del Tamburini.
Il tuo aff. amico GABRIELE ROSA.

 

Paolo Emiliani Giudici

Paolo Emiliani Giudici (Mussomeli, 13 giugno 1812 – Tunbridge, 8 settembre 1872) è stato uno scrittore, storico, critico letterario e storiografo italiano. Entrato nell'ordine domenicano, a Palermo contro il suo volere, ne uscì nel 1841. Esule dalla Sicilia per motivi politici nel 1843, riparò dapprima a Livorno e poi a Firenze dove divenne professore di Estetica all'Accademia di Belle Arti. Nel 1867 fu eletto deputato; dopo le dimissioni di Rattazzi (27 ottobre 1867) militò nell'opposizione. Si dedicò soprattutto agli studi letterari. La sua opera più importante è "La Storia delle Belle Lettere in Italia" (1844). Uscì in seconda edizione nel 1855 con il titolo "Storia della Letteratura italiana". Fu il primo autore a scriverne una. L'opera subordinava la letteratura all'elemento politico. Per Emiliani Giudici Il "periodo della letteratura originale" italiana andava dagli inizi del volgare fino a Lorenzo de Medici; seguiva l'"età di decadenza" (XVI e XVII secolo); la letteratura italiana rifioriva un po' con l'Alfieri, ma questo risorgimento veniva soffocato sul nascere dal romanticismo, importato dalla Francia. Nella città di Palermo gli è stata dedicata una via. (Fonte: Wikipedia)

Una biografia più dettagliata si trova qui (Fonte: Treccani.it)

 

Paolo Emiliani Giudici Convegno



Locandina

Nel mese di giugno 2012 il Comune di Mussomeli in collaborazione con la Società Nissena di Storia Patria ha organizzato un Convegno nazionale sulla figura di Paolo Emiliani Giudici.

Gli atti sono pubblicati sul N° 10 della Rivista "Archivio Nisseno" della Società Nissena di Storia Patria.

Qui si può leggere il testo dell'intervento relativo ai RAPPORTI TRA PAOLO EMILIANI GIUDICI E NICOLA GAETANI TAMBURINI di Giuseppe Canalella - Ingegnere, Vice Presidente regionale di SiciliAntica - nonchè il testo integrale della corrispondenza citata.

La Rivista completa è reperibile sul sito della Società Nissena di Storia Patria.

 

Cesare Cantù

Lettera da Cesare Cantù a Nicola Gaetani Tamburini - Monsampolo

Torino. 6 Ottobre 1855
Buon Amico,
Vi scrivo da Torino, dove ricevo la vostra mandatami da Milano. Mi tratterrò qui ancora dieci giorni per poi restituirmi in patria. Delle vostre corrispondenze ho estratto quello che poteva essere concesso, vedrò se sarà possibile nserire quelle iscrizioni giacché abbiamo fiere restrizioni. Ho dato l'altro foglietto al Redattore della Rivista Contemporanea, raccomandandogliele molto, e certo le metterà, se gli sarà appena possibile, giacché non essendo né il suo né il mo giornale autorizzati per la politica, dovremo usare tutti i debiti riguardi per evitare le multe. Vi ringrazio de' due associati che per vera bontà mi procacciaste: appena sarò in Milano farò avere loro i fascicoli. Vi ringrazio anche delle affezionatissime espressioni che mi usate. Comandatemi dove posso, e credetemi
sempre Aff.o V.o C. Cantù.

 

Vincenzo Gioberti

Lettera da Vincenzo Gioberti a Nicola Gaetani Tamburini - Monsampolo

Parigi. 22 novembre 1847
Gentilissimo Signore,
La sua lettera piena di sensi generosi e benevoli, mi ha vivamente commosso. La ringrazio e di essa e del libro e delle lodi immeritate ond'Ella mi onora. Lessi con piacere le sue iscrizioni eleganti, nobili, civili, ingegnose, e forse talvolta più ingegnose che alla semplicità dell'epigrafia non si confaccia. Ma questo è difetto felice, più degno d'invidia che di biasimo, specialmente nei primi lavori, perché auguri di frutti preziosi e testimonio di larga vena. Godo d'intendere ch'Ella abbia per le mani opera di maggior mole e di tèma accomodato ai bisogni correnti della Patria nostra. Perseveri fortemente nell'assunto e non che scorarsi per le avversità ne pigli animo e lena, perché gli ingegni fortunati, come il suo, vincono se stessi, quando son battuti dall'incudine del dolore. Io non ho alcun lavoro inedito, benché abbia preparata per la mente la materia di quelli a cui accenno nell'ultimo mio libro. Farò uso, occorrendo, di ciò ch'Ella mi tocca sui Municipii. Non mi estendo di più per difetto di tempo, ma La prego di credermi quale mi dico con molta ed affettuosa stima.
Vincenzo Gioberti

 

Ruggero Bonghi

Pensiero inedito di Ruggero Bonghi
Tratto dal sito www.comune.chignolopo.pv.it/repositoryfiles20110428_1039-pdf

"Il mio parere è che le cose riusciranno bene. Se gl'Italiani restano fermi e continuano in una calma dignitosa e forte, non può stare che i loro voleri sieno calpestati dalla prepotenza umana. La civiltà è progredita di molto: e l'indomita natura d'un idea, che s'è fatto via in un popolo, è sentita persino e malgrado loro dai despoti, a cui la polvere e i cannoni parevano i padroni del mondo. L'ingiustizia palese e pubblica spaventa chi la commette: si teme che non rimbalzi".

Ruggero Bonghi appena la Lombardia fu liberata esprimeva il suo pensiero in questa lettera inviata da Belgirate il 15 ottobre 1859 al patriota e scrittore Nicola Gaetani Tamburini di Brescia.
La lettera viene riprodotta in Illustrazione Popolare n. 1 del 4 dicembre 1905, Fratelli Treves editori in Milano.

 
 

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