Genetica & Ereditarietà

Vedi anche Cellula, Genoma Umano, Biologia Molecolare

UNEREDITÀ SENZA TESTAMENTO
Quante volte avete notato somiglianze tra genitori e figli, tra fratelli e sorelle, tra persone insomma in qualche modo parenti tra loro? Quante volte avete riconosciuto nei tratti del tuo viso «gli occhi del papà» o «il naso della mamma» o «i capelli del nonno» e così via? Anche i piccoli degli animali, come i gattini o i cuccioli, somigliano ai loro genitori; e lo stesso vale per le piante, anzi, gli agricoltori contano molto sul fatto che una discendenza sia molto simile ai genitori da cui proviene: una pianta con pomodori grossi dà semi che, a loro volta, svilupperanno piante di pomodori di uguale grossezza.

Gli organismi dunque ereditano i loro caratteri dai genitori. Basta che guardarsi intorno per convincersi che vi è grande varietà nel tipo di caratteri che gli organismi viventi possiedono.
La presenza di cinque dita ai piedi è un carattere ereditario degli esseri umani. Il cavallo ha un solo dito in ciascun piede: la presenza di un solo dito nel piede è un carattere degli animali che hanno gli zoccoli, come i cavalli e le zebre.
I semi alati sono un carattere degli alberi di acero; i semi a forma di ghianda, sono un carattere degli alberi di quercia.
Come le piante e gli animali, anche i semplici
protisti, i batteri e persino i virus hanno caratteri ereditari.

La trasmissione dei caratteri dai genitori ai figli si chiama ereditarietà: la maggior parte dei caratteri di un organismo passa dai genitori ai figli quando gli organismi si riproducono.

Per esempio, gli esseri umani ereditano molti caratteri oltre a quello del numero delle dita dei piedi: alcuni di questi caratteri sono facilmente visibili, come il colore degli occhi, il colore dei capelli, il colore della pelle e la forma delle orecchie.

Anche molti dei comportamenti che gli organismi hanno sono ereditati: così, per esempio, la capacità di produrre il proprio cibo è un aspetto ereditario delle piante; la migrazione è un carattere ereditario di alcune specie di uccelli.

GLI ESPERIMENTI DI MENDEL
È stato circa 140 anni fa, nel 1865, che per la prima volta sono stati studiati in modo scientifico i meccanismi ereditari: nasceva così la scienza dell’ereditarietà, cioè la genetica, ad opera di un monaco cecoslovacco di nome Gregor Mendel che, nell’orto del suo convento, a questo scopo si dedicava alla coltivazione delle piante di pisello odoroso.

Le scoperte e i risultati ottenuti da Mendel sull’ereditarietà dei piselli si sono poi dimostrati validi anche se applicati su altri organismi. Il metodo usato da Mendel è tuttora impiegato nei moderni laboratori di biologia e genetica.

Per studiare i caratteri ereditari, infatti, occorre accoppiare due organismi (detti organismi-genitori) realizzando un incrocio. I risultati di un incrocio sono gli organismi-figli, cioè i discendenti, dei quali appunto vengono studiati i caratteri.

Mendel scelse i piselli per i suoi incroci per varie ragioni, come egli stesso scrisse: «Alcune varietà di piselli possiedono caratteri costanti di facile e sicuro riconoscimento (colore dei fiori, lunghezza del gambo, aspetto liscio o grinzoso dei semi...); né può temersi una facile intrusione di polline estraneo, dato che gli organi della fecondazione sono ben protetti nel fiore. Inoltre è facile coltivare queste piante sia all’aperto, sia nei vasi, e il tempo fra una generazione e l’altra è relativamente breve».

Sostituendosi agli insetti impollinatori, il monaco faceva in modo di portare manualmente i pollini di certi fiori di pisello sui pistilli di altri fiori da lui scelti, ottenendo delle nuove piante i cui caratteri confrontava con quelli delle piante «genitori».
Le ricerche del monaco durarono dal 1857 al 1865, ben otto anni, e riguardarono oltre 10.000 piante, cioè un numero così elevato da consentirgli di considerare i risultati ottenuti, validi a livello universale. In realtà, come spesso accade, quando pubblicò i risultati delle sue ricerche nessuno diede loro l’importanza che meritavano.
Solo trent’anni dopo la morte di Mendel, altri scienziati, che con i loro lavori erano giunti a risultati simili, si ricordarono del monaco e riconobbero la priorità delle sue scoperte.

Mendel cominciò il suo lavoro usando piante di pisello di razza pura.

Un organismo viene detto di razza pura per un carattere se, quando viene autoimpollinato,
a sua discendenza presenta anch’essa lo stesso carattere in tutti gli individui.

Ciascuna generazione di discendenti, se incrociati con individui di razza pura, produrrà a sua volta altrettanti discendenti di razza pura.
Per esempio, una pianta di pisello di razza pura per il colore verde dei semi produce solo piselli verdi ogni volta che si autoimpollina. Allo stesso modo, tutti i discendenti produrranno solo piselli verdi.
In uno dei suoi primi esperimenti, Mendel incrociò piselli rossi di razza pura e piselli bianchi di razza pura. Da tale accoppiamento di piselli rossi e piselli bianchi ebbe come risultato tutti discendenti rossi.

Le piante rosse prodotte in questo incrocio si chiamano ibridi. Un ibrido è un organismo che viene prodotto da un incrocio di genitori che presentano forme diverse per uno stesso carattere. Ognuna delle piante ibride era rossa come la pianta madre di razza pura.
Entrambe le piante genitrici di razza pura, che erano al loro primo incrocio, si chiamano generazione parentale; gli ibridi rossi che erano i primi discendenti si chiamano prima generazione filiale.

Ma come spiegare il fatto che tutti gli ibridi erano rossi? Che cosa era accaduto al carattere «colore bianco»? Mendel ipotizzò che questo carattere fosse presente anche negli ibridi rossi, ma rimanesse «nascosto». Per provare la sua ipotesi fece un altro esperimento nel quale lasciò autoimpollinare gli ibridi rossi.
Poi studiò le piante prodotte da questo incrocio. Si trattava di piante della seconda generazione filiale. Si ottennero, in proporzione, circa tre piante rosse e una bianca. Il carattere «colore bianco» non era dunque scomparso, ma era nascosto, tra gli ibridi rossi.

Mendel allora concluse che ogni ibrido rosso portava i caratteri di entrambi i genitori, quello di razza pura rosso e quello di razza pura bianca. Denominò il colore rosso carattere dominante.
Un carattere dominante è quello che si manifesta e che impedisce la comparsa dell’altro carattere. Il colore rosso è un carattere dominante nelle piante di piselli perché impedisce al carattere «colore bianco» di comparire negli ibridi.
Mendel chiamò quest’ultimo
carattere recessivo. Un carattere recessivo è quello che viene nascosto dalla presenza di un carattere dominante.

Un risultato particolarmente interessante si ottiene incrociando tra loro un individuo rosso della seconda generazione filiale ed un individuo bianco di razza pura. Se l’individuo rosso è un ibrido, la discendenza di questo incrocio sarà costituita da individui rossi e bianchi al 50% mentre se l’individuo rosso è di razza pura tutta la discendenza dell’incrocio sarà ancora rossa. Questo particolare tipo di incrocio va sotto il nome di reincrocio.

I RISULTATI DI MENDEL
In questo lavoro con le piante di pisello, Mendel dunque studiò le coppie di caratteri contrastanti. Per ciascun caso, incrociò due piante di razza pura con caratteri contrastanti in modo da produrre discendenti ibridi. Poi i discendenti ibridi furono lasciati autoimpollinare per produrre una seconda generazione di discendenti. In questa seconda generazione ogni volta comparivano le piante a carattere dominante in proporzione numerica di 3 a 1 rispetto alle piante con il carattere recessivo.
Mendel, dopo aver analizzato i risultati dei suoi esperimenti sui diversi tipi di piante di pisello, giunse alle seguenti conclusioni:

Mendel usò un sistema di simboli per indicare quali caratteri aveva un organismo e quali di essi venivano trasmessi ai discendenti, li sistema di Mendel è in uso tuttora: per rappresentare i caratteri ereditari si usano le lettere dell’alfabeto, e precisamente le lettere maiuscole indicano il carattere dominante, le lettere minuscole il carattere recessivo.

Per esempio «R» sta per pianta rossa e «r» sta per pianta bianca; analogamente, "G" sta per seme giallo e «g» sta per seme verde.

Poiché gli organismi ereditano i caratteri in coppia, le lettere sono usate in coppia per indicare un certo carattere. Per esempio Rr sta per i due caratteri portati da una pianta di pisello ibrida rossa. Anche gli incroci sono rappresentati da simboli: in genere il simbolo X rappresenta un incrocio. L’incrocio di una pianta di pisello rossa di razza pura con una pianta di pisello bianca di razza pura viene perciò rappresentato come RR X rr.

Poiché gli ibridi sono tutti rossi come la pianta genitrice di razza pura, se ne deduce che due organismi possono avere lo stesso aspetto, ma differire nei loro caratteri ereditari.

L’aspetto ereditario di un organismo è il suo fenotipo. Due organismi con caratteri diversi possono avere lo stesso fenotipo. Così, ad esempio, due piante rosse (P e F1) possono avere lo stesso fenotipo, ma differiscono nel genotipo, cioè per la loro composizione genetica; infatti, pur essendo entrambe rosse, quella di razza pura è RR e quella ibrida è Rr.

Nei casi finora considerati, abbiamo parlato di coppie di caratteri in cui uno è dominante sull’altro. Non tutte le coppie di caratteri sono però di questo tipo. Si può infatti verificare una condizione in cui nessuno dei due caratteri di una coppia è dominante o recessivo: si parla in questo caso di dominanza incompleta.

E ciò che si verifica, per esempio, nei fiori che si chiamano bocca di leone. Quando si incrocia un fiore rosso di razza pura (RR) e un fiore bianco di razza pura (BB), tutta la discendenza che viene prodotta è costituita da ibridi rosa (RB). In un incrocio di caratteri con dominanza incompleta, la discendenza presenta una mescolanza dei caratteri dei genitori. Nel caso dei fiori di bocca di leone non è dominante né il carattere per il colore rosso né quello per il colore bianco. La discendenza presenta una mescolanza di questi colori e produce fiori rosa.

CROMOSOMI, GENI ED EREDITARIETÀ
Mendel comprese che gli organismi ereditano i caratteri dai loro genitori, ma non aveva idea di come essi fossero trasmessi, né di quale fosse la struttura sulla quale si trovavano. Ai tempi di Mendel si sapeva poco sulla natura della cellula e sui suoi costituenti.

E’ stato solo nel 1879 che si è scoperto che la trasmissione dei caratteri ereditari dipende da speciali corpuscoli, individuati al microscopio, contenuti nel nucleo delle cellule; si tratta dei cosiddetti cromosomi.

I caratteri ereditari sono portati dai cromosomi nella cellula. Un singolo cromosoma porta numerosi caratteri. Ogni tratto di cromosoma che porta l’informazione per un carattere specifico si chiama gene: il tratto di cromosoma della pianta di pisello che porta il carattere per il colore rosso è il gene del rosso.

I cromosomi sono filiformi e possono essere descritti come una serie di geni allineati. Un cromosoma potrebbe essere immaginato come una catena: i geni sono le maglie che compongono la catena; ogni gene reca un pezzo di informazione, cosicché un cromosoma porta molti pezzi diversi di informazione.

Tutte le cellule di un organismo contengono nel nucleo i cromosomi in numero immutabile e caratteristico per ogni specie animale o vegetale: così nelle cellule umane si trovano sempre 46 cromosomi, in quelle del ravanello 18, nel pesce rosso 94. Come si può constatare anche da questi esempi, in ogni cellula i cromosomi sono presenti in coppie; ogni coppia ha forma e dimensioni caratteristiche, ma i componenti di ciascuna di esse appaiono simili; su entrambi i cromosomi di una coppia viene portato il medesimo carattere nella stessa posizione. I due cromosomi di una coppia possono trasportare i geni della stessa forma oppure di forme contrastanti.

Si pensi a una delle piante di pisello rosse, ibrida, di Mendel. Il genotipo ditale pianta è Rr: il gene carattere rosso R è situato su uno dei cromosomi della coppia; il gene carattere bianco r è, nella stessa posizione, sull’altro cromosoma della coppia.
A questo punto ci si può chiedere in che modo i cromosomi, e quindi i geni, siano trasmessi dai genitori ai figli, ma per far ciò occorre una premessa.
Le cellule degli organismi pluricellulari possono essere classificate in due gruppi: quelle che hanno il compito della riproduzione sono cellule sessuali; tutte le altre sono cellule somatiche. Le cellule sessuali dell’organismo maschile sono i gameti maschili o spermatozoi; le cellule sessuali dell’organismo femminile sono i gameti femminili o cellule-uovo. Le cellule sessuali, sia maschili sia femminili, si formano mediante un tipo particolare di divisione cellulare che è denominata
meiosi.
Nella meiosi, il numero dei cromosomi viene ridotto a metà, per impedire che da una generazione all’altra si abbia sempre un raddoppio del numero dei cromosomi della specie, che porterebbe inevitabilmente alla perdita delle sue caratteristiche tipiche. Così, mentre le cellule somatiche dell’uomo hanno 46 cromosomi, ossia 23 coppie, ogni cellula sessuale contiene un solo cromosoma di ciascuna coppia, ossia 23 in tutto.
Quando i due diversi gameti si uniscono durante la fecondazione, i 23 cromosomi della cellula-uovo si uniscono ai 23 cromosomi dello spermatozoo per ricostruire il normale «corredo» di 46 cromosomi nella prima cellula del nuovo organismo. Ogni figlio eredita i suoi cromosomi in parti uguali dalla madre e dal padre.

LE LEGGI DI MENDEL E L’UOMO
L’ereditarietà di quasi tutti i caratteri umani è più complessa di quella dei caratteri studiati da Mendel. Caratteri come la statura, il colore della pelle, il colore degli occhi, sono controllati da più di una coppia di geni.

Nessuno ha la nostra identica combinazione di caratteri, a meno che qualcuno di noi non abbia un gemello identico. I gemelli identici sono gemelli formatisi da un singolo uovo che, appena fecondato, si divide in due parti (monovulari), ciascuna delle quali si sviluppa in un individuo. Siccome i gemelli identici si formano dallo stesso zigote, hanno gli stessi geni: saranno dello stesso sesso e uguali nell’aspetto. Può però succedere anche che due uova vengano rilasciate contemporaneamente dalle ovaie e vengano fecondate da due spermatozoi. Si hanno allora i gemelli fraterni, o biovulari. I due zigoti prodotti si sviluppano in due individui.
Poiché i gemelli fraterni si formano da spermatozoi diversi e da uova diverse, non hanno serie identiche di geni e quindi non sono più somiglianti fra loro di altri fratelli e sorelle. Possono essere di sesso diverso e diversi nell’aspetto.

Anche l’ambiente può influenzare il modo in cui i caratteri si manifestano. I geni che si ereditano determinano i caratteri che si avranno, ma l’ambiente può determinare se questi caratteri si manifesteranno oppure no.

Per esempio, si potrebbero avere i geni per una certa statura. Ma se la dieta alimentare sarà scarsa e povera, oppure l’individuo è soggetto a molte malattie nei primi anni della vita, potrebbbe anche non crescere fino a quella statura.

MASCHIO O FEMMINA ?
Presso molte famiglie reali la legge imponeva che potessero salire al trono solo eredi maschi; la storia narra di numerosi casi di sovrani che hanno ripudiato la moglie per sposare un’altra donna «che fosse capace di dar loro un figlio maschio».

La genetica ha dimostrato che, contrariamente all’opinione comune, in questi casi la «colpa» è tutta del padre; il sesso di un nascituro dipende infatti solo dai cromosomi paterni.
Si è arrivati a questa scoperta studiando i cromosomi delle cellule di un moscerino: il moscerino dell’aceto o drosofila (Drosophila melanogaster, come è denominato scientificamente), comune sulla frutta marcescente e nelle cantine.

I primi studi sulla drosofila sono stati iniziati attorno al 1910 dal biologo americano T.H. Morgan.

La drosofila sembra fatta apposta per facilitare il compito dei genetisti: possiede cromosomi molto grandi, anzi giganti, e ne possiede solo 4 coppie; si alleva con facilità e si riproduce rapidamente, generando molti figli.
Nelle femmine della drosofila una delle quattro coppie di cromosomi differisce da quella corrispondente dei maschi.
I due cromosomi di questa coppia nella femmina vengono chiamati
cromosomi X, sono uguali e hanno forma di bastoncino; nei maschi la coppia corrispondente comprende un cromosoma X e un altro più piccolo, a forma di uncino, chiamato cromosoma Y.
Nei gameti delle femmine di drosofila si possono quindi avere soltanto cromosomi X, mentre negli spermatozoi del maschio c’è il 50% di probabilità di trovare un cromosoma X e il 50% di probabilità di trovare un cromosoma Y.
Se alla fecondazione si riforma la coppia XX, nasce una femmina, se si forma la coppia XY, nasce un maschio. Appunto perché legati alla determinazione del sesso, i due cromosomi X e Y sono stati chiamati cromosomi sessuali.

La presenza di cromosomi sessuali è stata dimostrata nelle cellule della maggior parte dei viventi.
Anche nella nostra specie è possibile riconoscere la coppia di cromosomi X e Y. Il cromosoma Y è il cromosoma sessuale presente solo nelle cellule di un uomo; il cromosoma X è il cromosoma sessuale presente sia nelle cellule maschili sia nelle cellule femminili. Ogni cellula somatica di un maschio contiene un cromosoma X e un cromosoma Y. Ogni cellula somatica di una femmina contiene due cromosomi X.

Questo tipo di meccanismo per la determinazione del sesso è presente nella maggior parte degli animali anche se in alcuni casi si riscontrano delle differenze rispetto a quanto si osserva nella drosofila e nell’uomo.

Nelle cavallette, per esempio, non è presente il cromosoma Y; le femmine hanno due cromosomi X, i maschi ne hanno uno solo.
In questo caso, quindi, il sesso maschile è caratterizzato dall’assenza di uno dei due cromosomi sessuali.


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