RICORDANDO DON ALFONSO GILARDI NELL'OTTANTESIMO DI MORTE

Tratto dal sito: http://www.santuari.it/varallo/notiziario/aprile99/pag14.htm



Ritratto eseguito da Pier Celestino Gilardi
(Collezione privata)

Nella notte tra il 24 e il 25 dicembre 1918 decedeva don Alfonso Gilardi, parroco di Crevola ed ancora giovane sacerdote nel fiore degli anni e del proprio impegno pastorale a favore di quella comunità che era stato a chiamato a guidare spiritualmente dopo la dipartita di don Degaudenzi.

Riportiamo oggi, dopo oltre 80 anni da quella giovane morta causata dall’influenza della "spagnola" parte del discorso funebre tenuto nella parrocchiale di San Lorenzo dal Canonico della Collegiata di San Gaudenzio di Varallo don Giulio Romerio il giorno 27 dicembre, data in cui si svolsero le esequie.

"Parrocchiani di Crevola, colleghi, amici. Con animo profondamente addolorato mi risolvo a parlarvi dell’amato Rettore don Alfonso Gilardi. Il lutto che fittissimo si stende sopra la parrocchia di Crevola, il cordoglio che trabocca dal cuore di tutti noi che conoscemmo ed amammo il caro Estinto, richiedono raccoglimento sentito perchè l’anima nostra, nutrendosi del pensiero soave dell’immortalità, possa dar sfogo al dolore con la preghiera e con il pianto e ottenere da Dio solo conforto e rassegnazione. Ma la onoranza funebre, cui noi ora partecipiamo, non sarebbe compiuta se non rievocasse a brevi tocchi la vita del pio Sacerdote, del parroco zelante, dell’amico del cuore. Questa rievocazione sarà un modesto omaggio all’amato defunto, un conforto a noi tutti, un eccitamento a ben operare".

"Don Alfonso Gilardi nacque il 17 settembre 1879 in Annecy in Savoia, da Alessandro Gilardi e da Dorotea Servente originaria della frazione Micciolo in Comune di Pila Valsesia. La famiglia Gilardi, oriunda di Campertogno, è una delle più antiche famiglie valsesiane e da essa uscirono non pochi uomini illustri che associarono il loro nome agli avvenimenti che si svolsero in Valsesia. La lega contro frà Dolcino nello strumento sottoscritto nella chiesa Plebana di Scopa il 24 agosto 1305 ricorda un Gilardi della frazione Avigi di Campertogno e nello strumento di rinnovazione della stessa lega, compilato il 3 settembre successivo viene citato un Gilardi Bartolomeo, quale rappresentante del Comune di Piode. La storiografia valsesiana fa capo al notaio Giovanni Gilardi che nel 1580 dettava la prima storia della Valsesia e nella vita religiosa della nostra valle ricordiamo, con memore affetto, don Giovanni e don Pietro Gilardi operosi parroci di Rassa. Dove però la famiglia Gilardi maggiormente si distinse fu l’arte nella quale molti dei suoi membri spiegarono il loro genio acquistandosi bella fama con numerose opere di pregio. Ricorderò Pier Celestino Gilardi, pittore e professore dell’Accademia Albertina, autore di molti quadri fra cui primeggia l’"hodie tibi cras mihi"; Gilardi Giuseppe, incisore, e Gilardi Alessandro, scultore, padre del nostro don Alfonso, il quale, ottenuta una certa agiatezza, nel 1887 lasciò Annecy cedendo il proprio avviato laboratorio, per far ritorno in Valsesia, a Pila frazione Micciolo. Qui, il piccolo Alfonso frequentò per un anno le scuole comunali ma l’animo suo infantile andava manifestando una speciale inclinazione alla chiesa, alla preghiera e questa inclinazione, avviata dall’esempio degli ottimi genitori, determinò in lui il primo sviluppo alla vocazione ecclesiastica. Fu allora deciso che il pio e studioso fanciullo sarebbe entrato nel Seminario. Questo avvenne nel 1890 (...)".

"Raggiunse nell’ottobre di quell’anno il Seminario di Miasino - prosegue il can. Romerio nel suo discorso funebre - e ultimato il corso elementare passò successivamente nei Seminari di Isola San Giulio, Arona, Gozzano, Novara per i corsi ginnasiale, liceale e teologico dando ovunque prova di bontà, saggezza, pietà, ferma e costante applicazione (...) Il 28 giugno 1905 venne ordinato sacerdote (in quell’anno gli ordinandi erano 24) dal compianto mons. Mattia Vicario e nel giorno seguente celebrò solennemente la sua Prima Messa nella chiesa Prepositurale di Scopello essendo padrini don Federico Andenna e il fratello Virgilio Gilardi.

Fu un giorno di gioia celestiale per la famiglia Gilardi e per l’intera popolazione di Pila e Scopello (...) Don Francesco Garrione, Pievano di Confienza, ricordò al neo sacerdote i compiti del Ministro di Dio quali vengono tracciati dal Pontificale Romano: era il programma di azione che doveva intraprendere il giovane don Alfonso nella vita parrocchiale. Alessandro Gilardi invece parlò della grandezza del sacerdote cattolico (...) Ricordo e ricorderò sempre quell’istante solenne! La veneranda e ieratica figura di Alessandro Gilardi apparve allora come una reincarnazione di un grave maestoso patriarca dell’antico testamento in atto di benedire il proprio figlio.

Da quel giorno di sua Prima Messa il giovane sacerdote pregò Iddio al fine di poter esercitare il proprio ministero sacerdotale tra i monti della Valsesia, tra i fratelli della stessa terra natia e Dio volle esaudire le preghiere del novello don Alfonso. Dapprima lo mandò a reggere la parrocchia di Rimasco (la cui data di costituzione risale al 3 giugno 1479 quando si staccò dalla chiesa matrice di Boccioleto) e successivamente, presentandosi ad un concorso, la scelta cadde su un’altra parrocchia della Valsesia, prossima a Varallo, da cui si gode la visione del Sacro Monte: Crevola. Succedendo al compianto Rettore don Degaudenzi morto a 91 anni, don Alfonso Gilardi entrò in Crevola, pieno di entusiasmo il 10 maggio 1908, nel mese consacrato alla Madonna. Del periodo di sua permanenza in loco e dell’operato dal sacerdote svolto lasciamo alle parole del canonico Giulio Romerio.

"Io non voglio dilungarmi nel ritessere la vita del vostro zelante Rettore, o buoni parrocchiani di Crevola, poiché è la storia di ieri cui tutti avete partecipato. L’assidiutà al confessionale, la puntualità e il fervore alla Sacre Funzioni, le lunghe preghiere ai piedi del Tabernacolo, lo zelo nell’accorrere al letto degli infermi (anche in occasione di manifesto pericolo di infezione), la diligenza nell’impartire l’insegnamento religioso alla gioventù, l’ardore spiegato nella predicazione, formano tanti capitoli della vita parrocchiale di don Alfonso, meritevoli di essere sviluppati. Associato a questa operosità in favore delle anime, sorse e prosperò lo zelo per la Casa di Dio e per le Opere Cattoliche. La sua chiesa parrocchiale, sempre linda e pulita, fu da lui dotata di arredi che compensarono il doloroso incendio della sacrestia avvenuto un anno prima del suo ingresso in parrocchia. La vetusta chiesa dell’Annunziata e il Santuarietto di Lourdes formarono pure la sua costante e provvida attenzione. La esiguità della parrocchia non permise a lui di sviluppare la sua operosità a favore dell’azione cattolica, ma il volonteroso don Alfonso trovò mezzo di distinguersi anche in questo campo con aprire e sostenere a sue spese una biblioteca circolante e con cooperare a tutte le manifestazioni religiose e sociali che sorsero in Valsesia (...) Questo il rapido e pallido riassunto dei dieci anni passati in Crevola e di quelli trascorsi a Rimasco. Fu una vita pastorale intensamente sentita e vissuta. Fu un nitido mattino, sicura promessa di un radioso meriggio e di un consolante tramonto, fecondo di meriti (...) Nel pomeriggio del sedici corrente fu a Varallo per la consueta confessione settimanale; i famigliari lo vollero distogliere, allegando la sua malferma salute, ma a queste premure contrappose il dovere suo: è necessario che io vada perchè la malattia me lo potrebbe impedire. Fu profeta. Postosi a letto, in breve, fu investito insidiosamente dall’influenza (la spagnola) che lo trascinò alla morte. La vigilia di Natale, confortato dai SS. Sacramenti, assistito dai famigliari e dagli amici, spirò l’anima sua bella a soli trentanove anni di età. Don Alfonso Gilardi - conclude il Canonico Giulio Romerio nel suo elogio funebre allo scomparso - fu un vero sacerdote di Cristo, fu un ottimo parroco, con un animo intimo e schietto, con costume illibato, con vita operosa sempre schiva di onori e intollerante di servilità, dalla bontà innata, dall’amore intenso verso la nostra cara Valsesia: questi ricordi ci renderanno migliori, ci conforteranno negli affanni, ci faciliteranno l’adempimento dei nostri doveri, ci faranno degni di raggiungerti in cielo. Addio!"

Passarono alcuni decenni e nell’ottobre 1944, a richiesta dei famigliari che avevano il pio desiderio di unire le spoglie del sacerdote nella tomba di famiglia nel cimitero di Varallo, chiesero che la sua salma venisse riesumata e con grande sorpresa e stupore ci si accorse di come essa apparisse, dopo ben ventisei anni, prodigiosamente conservata intatta, ancora con le insegne sacerdotali. Il buon popolo di Crevola la visitò con viva commozione e gli uomini della frazione (i giovani con i quali aveva intessuto una fitta corrispondenza per confortarli nell’ora difficile nel corso della guerra) vollero riservato ad essi l’onore del trasportarlo sulle loro spalle, nell’accompagnamento delle solenni onoranze funebri tributate alla sua salma. Le persone anziane che non si sentivano più in grado di partecipare, si erano sedute fuori di casa, lungo la via principale per assistere a quell’apoteosi che i buoni e pii crevolesi riservarono all’amato e pio loro Rettore.

Ancor oggi, grazie al volere dell’attuale parroco di Crevola don Giuseppe Marcodini, una buona rappresentanza di parrocchiani interviene nella settimana di Ottava della Commemorazione dei Defunti, ad un pio pellegrinaggio alla tomba di don Alfonso Gilardi, nel cimitero di Varallo, per la recita del Santo Rosario.

Claudio Crippa

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